Governance delle politiche di intervento pubblico tra motivazioni e controllo dell’opportunismo
Lo studio sull’impatto dei fondi strutturali nazionali o sovranazionali (ad esempio europei) sulla crescita economica è argomento di attenzione da parte degli studiosi che hanno fornito risultati contrastanti, se non addirittura contraddittori (si veda per una rapida review
Mohl and Hagen, 2009). Sulla base di tale background, uno studio sulle politiche di intervento pubblico a sostegno della coesione territoriale e dello sviluppo imprenditoriale,o più in generale sulle politiche di intervento pubblico per lo sviluppo e l’innovazione, deve
prendere le mosse dalle logiche che, più da vicino,hanno guidato la progettazione dall’intervento straordinario per il Mezzogiorno. Queste ultime hanno avuto come origine lo storico passaggio, dallo Stato liberale dell’Ottocento allo Stato interventista dei primi del
Novecento, fino a giungere al cosiddetto “Stato sociale del benessere” (Welfare State) che ha accompagnato l’Italia nel periodo post bellico. In particolare, anche come reazione alla crisi finanziaria globale del 1929, in Italia si sviluppò la figura dello Stato imprenditore, gestore delle attività economiche tramite imprese pubbliche presenti in vari settori dell’economia.Nacque, così, il primo intervento straordinario effettuato dallo Stato per favorire lo sviluppo delle aree depresse del paese per il tramite di un’apposita Agenzia Pubblica (la Cassa per il Mezzogiorno)che, attraverso interventi quali l’ex L.64/86 poi sostituita dalla L.488/92, prevedeva finanziamenti agevolativi a favore delle imprese manifatturiere e di servizi operanti nelle aree meno sviluppate del nostro paese.
Nel tempo,tuttavia, si andrà consolidando l’idea tra gli studiosi e gli stessi operatori economici che l’intervento straordinario per il Mezzogiorno fosse stato progettato su una logica concettuale errata, in quanto aveva favorito l’insorgere di una cultura assistenziale
in contrasto con le regole di mercato; cosicché la Cassa del Mezzogiorno, che aveva come obiettivo originario la costruzione di infrastrutture allo scopo di supplire alla mancanza di investimenti privati, per molti ha favorito l’emergere di una visione statalista e assistenziale.Tali argomentazioni, che in Italia hanno avuto ampia diffusione, non appaiono confermate in altri contesti (segnatamente in America e nel Regno Unito) in cui gli effettui delle politiche di intervento sembrerebbero più confortanti. Tale contrasto appare coerente con le considerazioni già note in letteratura (Jensen e Meckling, 1976) circa le evidenti e significative differenze sussistenti tra i vari paesi a seconda della loro “varietà di capitalismo”; da ciò, così come le imprese rispondono in modo diverso alle pressioni degli azionisti a seconda di fattori endogeni ed esogeni presenti nei relativi sistemi capitalistici, al pari l’efficacia dei fondi strutturali potrebbe dipende da una serie di fattori che cambiano da sistema a sistema. La presenza di studi e osservazioni empiriche non sempre convergenti induce, quindi, ad avanzare la seguente research question: l’efficacia dell’intervento pubblico per il finanziamento
dello sviluppo e dell’innovazione delle imprese potrebbe essere influenzata dalle specifiche del contesto socio-politico ed istituzionale in cui le stesse sono applicate?