Attrattori urbani della cultura
Gli effetti delle restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19 hanno palesato squilibri e contraddizioni nei modi e negli usi delle città che abitiamo. Il caso di Roma è emblematico perché negli ultimi anni ha incentrato le politiche economiche e culturali prevalentemente sul patrimonio storico, investendo sul turismo di massa nel centro antico che progressivamente è stato abbandonato dai cittadini residenti. Con il lockdown ci siamo resi conto che la città “pubblica” si è piegata troppo spesso alle forze economiche di interessi privati. La mancata visione d’insieme, in grado di mettere a sistema le plurali risorse materiali e immateriali che ne connotano l’immagine, è il male più evidente che affligge una città sempre meno attenta alla qualità della vita dei suoi abitanti. Qui si riducono gli spazi di relazione di condivisione a fronte di una smisurata crescita di spazi privati commerciali che costituiscono lo scenario attuale di attrattori urbani. In una città come Roma, in particolare i centri commerciali attraggono grandi flussi di persone perché situati lungo strade facilmente raggiungibili in automobile. Essi rafforzano l’idea di uno spazio pubblico nelle forme di una città privata, autosufficiente, accessibile, piena di oggetti di consumo e separata dalla città reale. L’emergenza sanitaria ha poi evidenziato i rischi per la salute che possono causare luoghi chiusi e affollati come i centri commerciali. Non debbono essere questi gli attrattori urbani di una città contemporanea che cura i propri abitanti nella distrazione del consumismo di massa. L’attrattore deve piuttosto connotarsi per la sua urbanità e ribaltare la figura autoreferenziale di elementi isolati nei loro recinti nella forma architettonica di un’opera aperta, che non deve separare ma connettere perché liberata da quei confini fisici che ne ostacolano il tempo e lo spazio della fruizione. I luoghi della cultura possono diventare il piano narrativo per comporre le forme di nuovi attrattori urbani, sia nel riuso delle numerose cubature vuote sia con l’addizione di nuove architetture in grado di generare quell’innesco di cura della città con le tante risorse presenti sul territorio. Roma può rivendicare un primato straordinario, quando già nel Secondo dopoguerra la cultura, oltre ad essere un condensatore sociale, ha rappresentato un importante volano economico legato ad importanti istituzioni. Il cinema, l’arte, il teatro, la letteratura, la televisione hanno rappresentato l’impulso decisivo di un’industria culturale che negli anni ha coinvolto la città in molte delle sue parti. Una lezione dal recente passato che orienta nuove occasioni progettuali come per il “Miglio d’oro delle Arti” al quartiere Flaminio, ossia un vasto parco in cui l’Auditorium, il museo MAXXI e il complesso del Foro Italico realizzano un potente attrattore urbano che avvia un processo di riqualificazione complessiva del quartiere.
L’idea di riscrivere una mappatura dei luoghi della cultura urbana che agiscono come attrattori di attività educative, spazi di aggregazione sociale e luoghi di sperimentazione artistica, è la sfida intrapresa dalla ricerca che situa il progetto lungo i crinali di importanti sistemi morfologici come le Mura oppure, oltre i confini della città storica intercettando i sistemi della mobilità dolce del GRAB per disegnare una nuova geografia dell'abitare, della cultura e del tempo libero.