Il contratto di rete. Un nuovo strumento di sviluppo locale
A fronte di radicali mutazioni del contesto economico globale, caratterizzate dall’utilizzo di strumenti tecnologici e gestionali sempre più evoluti, il sistema imprenditoriale mondiale è divenuto più competitivo, ponendo l’economia industriale italiana, costituita, oggi più che mai, da piccole e medie imprese, in posizione di crescente marginalità, mettendone in dubbio le capacità di tenuta e soprattutto evidenziandone le numerose criticità. A ciò si aggiunge la presenza di confini geo-economici
sempre più inconsistenti, di una concorrenza spietata da parte di vecchi e nuovi avversari commerciali, e di importanti trasformazioni di filiere produttive esplose su scala globale che hanno distribuito fasi del processo produttivo su territori talmente vasti da mettere in crisi i tradizionali modelli di riferimento. Il risultato può essere riassunto nel cosiddetto passaggio all’ Era Digitale (o comunque all’uso diffuso del digitale in tutti i settori dell’economia), che estremizzando tutti i limiti del sistema economico italiano ha posto la Nazione in una posizione di rincalzo, anche rispetto ai soli Paesi U.E. Se questo è vero, per essere competitivi all’interno di un sistema economico globale occorre investire in innovazione, conoscenza ed organizzazione, andando ben oltre i limiti di bilancio imposti dalla dimensione aziendale tipica dell’Italia, costituita principalmente da PMI. Con l’obiettivo di superare questo limite strutturale, nel 2009, con apposita legge, è stato introdotto il contratto di Rete, uno strumento orientato ad incoraggiare e potenziare progetti d’investimento condivisi tra più imprenditori,
finalizzati ad accrescere la capacità innovativa e, di conseguenza, la competitività dei soggetti contraenti.