Ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione

01 Pubblicazione su rivista
Clarich Marcello
ISSN: 1591-4232

Cassazione Civile, SS.UU., 18 settembre 2020, n. 19598, ord. interloc. - Pres. Mammone - Rel.
Lamorgese - P.M. Celentano - Randstad Italia S.p.a. (avv. Brugnoletti) c.Umana S.p.a. (avv.Bertoldi) e
altri
La Cassazione chiede alla Corte di Giustizia di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla questione se gli artt. 4, par. 3,
19, par. 1, TUE e 2, parr. 1 e 2, e 267 TFUE, letti anche alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea, ostino ad una prassi interpretativa come quella concernente gli artt. 111, comma 8, Cost.,
360, comma 1, n. 1 e 362, comma 1, c.p.c. e 110 c.p.a. - nella parte in cui tali disposizioni ammettono il ricorso per
cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per “motivi inerenti alla giurisdizione” - quale si evince dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 e dalla giurisprudenza nazionale successiva che, modificando il
precedente orientamento, ha ritenuto che il rimedio del ricorso per cassazione, sotto il profilo del cosiddetto
“difetto di potere giurisdizionale”, non possa essere utilizzato per impugnare sentenze del Consiglio di Stato che
facciano applicazione di prassi interpretative elaborate in sede nazionale confliggenti con sentenze della Corte di
Giustizia, in settori disciplinati dal diritto dell’Unione Europea (nella specie, in tema di aggiudicazione degli
appalti pubblici) nei quali gli Stati membri hanno rinunciato ad esercitare i loro poteri sovrani in senso incompatibile
con tale diritto, con l’effetto di determinare il consolidamento di violazioni del diritto comunitario che
potrebbero essere corrette tramite il predetto rimedio e di pregiudicare l’uniforme applicazione del diritto
dell’Unione e l’effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive di rilevanza comunitaria,
in contrasto con l’esigenza che tale diritto riceva piena e sollecita attuazione da parte di ogni giudice, in
modo vincolativamente conforme alla sua corretta interpretazione da parte della Corte di Giustizia, tenuto conto
dei limiti alla “autonomia procedurale” degli Stati membri nella conformazione degli istituti processuali.
LaCassazionechiedealla Cortedi Giustizia di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla questionesel’art. 4, par. 3, 19,
par. 1, TUE e 267 TFUE, letti anche alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea,
ostino alla interpretazione e applicazione degli artt. 111,comma8, Cost., 360,comma1, n. 1, c.p.c., 362,comma1,
c.p.c. e 110 c.p.a., quale si evince dalla prassi giurisprudenziale nazionale, secondo la quale il ricorso per
cassazione dinanzi alle Sezioni Unite per “motivi inerenti alla giurisdizione”, sotto il profilo del cosiddetto
“difetto di potere giurisdizionale”, non sia proponibile comemezzo di impugnazione delle sentenze del Consiglio
di Stato che, decidendo controversie su questioni concernenti l’applicazione del diritto dell’Unione, omettano
immotivatamente di effettuare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, in assenza delle condizioni, di stretta
interpretazione, da essa tassativamente indicate (a partire dalla sentenza 6 ottobre 1982, Cilfit, C-238/81) che
esonerano il giudice nazionale dal suddetto obbligo, in contrasto con il principio secondo cui sono incompatibili
con il diritto dell’Unione le normative o prassi processuali nazionali, seppure di fonte legislativa o costituzionale,
che prevedano una privazione, anche temporanea, della libertà del giudice nazionale (di ultimo grado e non) di
effettuare il rinvio pregiudiziale, con l’effetto di usurpare la competenza esclusiva della Corte di Giustizia nella
corretta e vincolante interpretazione del diritto comunitario, di rendere irrimediabile (e favorire il consolidamento
del)l’eventuale contrasto interpretativo tra il diritto applicato dal giudice nazionale e il diritto dell’

© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma