Il territorio italiano presenta una grande quantità di tracce storiche stratificate e dal valore eterogeneo. Nel caso delle grandi città, il patrimonio archeologico periferico è spesso racchiuso da paesaggi variegati e convive con usi contemporanei non specificamente museali. Tale coabitazione racchiude una grande potenzialità per la rigenerazione architettonica ed economica delle aree non centrali, a partire dall'assunto che la stratificazione di epoche e funzioni sia un fattore di arricchimento dell'esperienza dello spazio urbano. Pertanto, la trasformazione virtuosa di porzioni di territorio legate al patrimonio archeologico è possibile solo come processo di comprensione della globalità di patrimoni che compongono questi frammenti di città.
La ricerca intende indagare le modalità con le quali è possibile mappare, ovvero riconoscere, catalogare e raccontare, non solo le tracce materiali che insistono su un territorio ma anche l'insieme di patrimoni `immateriali' che lo compongono. A tale scopo, si ritiene che la modalità di indagine più efficace sia sperimentale e pertanto si propone l'analisi del caso del Parco Archeologico di Centocelle, particolarmente adatto per localizzazione, qualità e quantità delle preesistenze storico-archeologiche, eterogeneità di altri patrimoni e riconoscimento istituzionale.
Esito della ricerca sarà la redazione di un elaborato meta-progettuale, con l'obiettivo di definire un metodo di mappatura e rappresentazione eventualmente implementabile e ripetibile. Il fine è riuscire a includere già nelle prime fasi di progetto - raccolta dati, analisi e definizione d'indirizzo progettuale - gli aspetti immateriali, in modo da rivalutarli come patrimonio da tutelare e del quale indirizzare la valorizzazione.
La disciplina del restauro italiana ha riservato alla rovina un rispetto totale dell'integrità fisica. La rovina è stata generalmente intesa dai filoni conservativi come un caso limite nel quale si verifica la preminenza assoluta dell'istanza storica, sulla quale operare quindi la sola manutenzione. D'altra parte, anche in questo caso, un restauro conservativo richiede scelte che afferiscono alla sfera dell'istanza estetica. Senza andare a sovrapporre le rispettive competenze di restauro conservativo e progettazione architettonica, la rovina verrà qui considerata in termini estetici non solo in quanto oggetto di tutela ma come spazio di esperienza. Il grado di innovazione di tale approccio risiede nel legare trasmissione di cultura e costruzione della memoria collettiva ad aspetti esperienziali ed emozionali, sulla scia dell' 'Emotional Learning' già adoperato in ambito museale da architetti del calibro di Peter Zumthor (si veda P. Zumthor e M. Lending, "A feeling of history", Scheidegger & Spiess, Zurigo 2018).
Il tema della dimensione affettiva dei luoghi è ormai discusso tanto dai geografi quanto dagli architetti ma, in Italia, non ha ancora trovato grande applicazione pratica soprattutto per quanto riguarda il rapporto con il patrimonio archeologico. Considerata la grande quantità di tracce storiche stratificate e dal valore eterogeneo presenti nello stivale, così come le fragilità dei paesaggi ad esse associati soprattutto nel caso di localizzazioni periferiche, si ritiene che questo sia un campo di indagine urgente per attuare una trasformazione virtuosa di queste aree. Solo mediante la comprensione della globalità di patrimoni, materiali e immateriali, che compongono questi frammenti di città è possibile indirizzare una trasformazione dell'esistente incentrata sull'esperienza al presente di questi spazi, che non li immobilizzi in forme sterili di tutela ma ne riveli le piene potenzialità anche nell'eterogeneità di usi possibili.
Questi presupposti costituiscono il tema di indagine della ricerca di dottorato della proponente, incentrato sull'individuazione di dispositivi narrativi per il progetto sulle rovine archeologiche, al quale questa proposta si lega come applicazione sperimentale e ampliamento di temi che ne costituiscono lo sfondo. Ciò permette di arricchire la ricerca con competenze già acquisite, soprattutto nel campo dell'architettura di interni e negli allestimenti, nella convinzione che un approccio all'architettura come spazio percepito abbia una capacità di adattamento interscalare e che riveli grandi analogie dalla progettazione di interni alla scala paesaggistica.
Il punto di forza della ricerca proposta risiede nella dimensione sperimentale. La pratica dell'osservazione e la comprensione di modalità replicabili di documentazione dei diversi patrimoni, consentirebbe di proporre un metodo di mappatura che sarebbe a tutti gli effetti uno strumento operativo reiterabile ed implementabile nel momento in cui architetti e/o istituzioni vengano chiamati ad intervenire su aree archeologiche in condizioni analoghe a quelle del Parco Archeologico di Centocelle e non.