Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_2757342
Anno: 
2021
Abstract: 

La fatica centrale è un sintomo non specifico, comune a diverse patologie croniche, ed è definita quale significativa riduzione del livello di energia o aumentata percezione dello sforzo, sproporzionata rispetto alle attività intraprese, e che si contraddistingue per la difficoltà ad iniziare o mantenere a lungo task fisici o mentali.
È stato ipotizzato che la comparsa di una fatica centrale di tipo patologico sia da attribuirsi ad un'alterazione strutturale o funzionale di centri e network deputati alla valutazione, organizzazione e programmazione del comportamento finalizzato e ad una corretta analisi del rapporto costi/benefici di un'azione.
Fra questi, un ruolo cruciale è svolto dalla corteccia prefrontale, grazie alle sue specializzazioni funzionali (controllo esecutivo, controllo dei meccanismi di reward, spinta motivazionale internamente guidata) e alle sue ricche connessioni con le cortecce premotorie e i gangli della base.
La malattia di Parkinson, malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla perdita di neuroni dopaminergici della sostanza nera, e conseguente compromissione dei network mesocorticali e mesolimbico, oltre che motorio, rappresenta pertanto un modello privilegiato per lo studio dell'associazione tra fatica centrale e disturbo cognitivo prefrontale.
Obiettivo primario: verificare l'integrità funzionale della corteccia prefrontale in maniera selettiva (componente esecutiva dorsolaterale, componente affettiva ventro-mediale, e componente volizionale cingolata anteriore) in pazienti parkinsoniani con fatica centrale, ponendoli a confronto con i dati ottenuti in pazienti parkinsoniani senza fatica e soggetti sani di controllo, tramite l'utilizzo di test neuropsicologici e task psicofisiologici.
Obiettivo secondario: esplorare possibili associazioni tra i parametri ottenuti e variabili cliniche al fine di identificare correlati clinici di possibili specifiche alterazioni prefrontali associate alla presenza di fatica centrale.

ERC: 
LS5_5
LS5_7
LS5_6
Componenti gruppo di ricerca: 
sb_cp_is_3519364
sb_cp_is_3519844
Innovatività: 

La fatica centrale costituisce un sintomo frequente, severo e disabilitante nella popolazione parkinsoniana, tale da interferire sensibilmente con la qualità di vita, riducendo spesso la partecipazione dei pazienti ad attività ricreative, sociali, o lavorative.
Malgrado la sua non trascurabile prevalenza, nella pratica clinica la fatica risulta frequentemente sottostimata o affatto riconosciuta. In uno studio condotto nel 2002 da Shulman e colleghi è emerso che la fatica, segnalata mediante questionari di autovalutazione dal 42% dei pazienti, veniva effettivamente diagnosticata solo nel 19% dei casi e solo nel 25% dei casi l'impressione del medico concordava con l'autovalutazione del soggetto.
Nella maggior parte degli studi, la presenza e la severità della fatica non correlano con durata o severità di malattia, e una franca correlazione tra presenza di fatica, e tipo, dosaggio o durata di trattamento farmacologico dopaminergico non è stata dimostrata (Friedman et al 1993; van Hilten et al 1993, Karlsen et al 1999; Shulman et al 2001). Al contrario, depressione, ansia e disturbi del sonno sembrano esacerbare la sensazione soggettiva di fatica, ma questi fattori non sono in grado di motivare del tutto la cosi alta prevalenza del disturbo in questa malattia, dal momento che la fatica è esperita anche da pazienti non-depressi, e che non manifestano disturbi del sonno.
Nonostante sia stata ampiamente descritta nella popolazione con mdP e nonostante come visto, determini un peso importante nella gestione della malattia, in termini anche di costi sociali, i meccanismi patogenetici che ne determinano la comparsa (e conseguentemente anche le proposte terapeutiche) appaiono allo stato attuale ancora poco chiari.
Ad oggi, l'ipotesi più accreditata, come detto, è che la fatica centrale costituisca l'epifenomeno di un malfunzionamento dei network cerebrali deputati alle funzioni di controllo attentivo-esecutivo e dei meccanismi di reward, che vedono nella corteccia prefrontale l'area cruciale alla valutazione, organizzazione e programmazione del comportamento finalizzato.
E' ampiamente noto che un deficit disesecutivo frontale sia presente anche in stadi precoci della malattia e alcuni studi hanno correlato la presenza di fatica centrale con un deficit attentivo esecutivo (Pauletti et al 2019; Lu et al 2020). Inoltre una compromissione del network mesocorticale è stata anch'essa ampiamente dimostrata nella mdP, e alcuni dati che mettono in relazione tale compromissione con la fatica centrale iniziano ad emergere (Sáez-Francàs 2013; Pavese 2010).
Quale di questi aspetti correlati al funzionamento della corteccia prefrontale e al decision-making behavior, ovvero il controllo attentivo esecutivo, o il controllo affettivo legato a meccanismi di reward o ancora la spinta motivazionale a generare un comportamento finalizzato, sia maggiormente implicato nella patogenesi della fatica centrale nella mdP appare poco noto e un approccio integrato allo studio delle funzioni della corteccia prefrontale, attraverso tecniche neuropsicologiche e psicofisiologiche nella mdP con fatica, non è stato ancora affrontato.
Questo approccio ha diversi vantaggi: l'utilizzo di tecniche psicofisiologiche quali le registrazioni ERPs consente di ottenere informazioni circa l'attività funzionale di processi cognitivi separabili, senza la necessità di una risposta overt motoria o esplicita: la possibilità di seguire operativamente l'attività corticale indotta dal task, indice di un processamento implicito dell'informazione sensoriale, fornisce una misura di outcome separata da quella della performance comportamentale (tempi di reazione), indipendente ed integrata, ed è pertanto in grado di indicizzare più accuratamente le funzioni attentive specie in pazienti con disabilità motoria.
La FAB è una scala utilizzata allo scopo di identificare la presenza e la severità di una sindrome frontale che coinvolga sia l'aspetto cognitivo che motorio. E' rapida e facile da somministrare, ed è ben accettata dai pazienti. E il suo utilizzo consente di indagare rapidamente e contestualmente diverse funzioni frontali, evitando di indurre fatica al paziente.
Infine l'IGT offre informazioni preziose circa la propensione al rischio e l'integrità della VMPF e della OFC, e il suo utilizzo nella mdP ha trovato ampia applicazione ed affidabilità nello studio del disturbo da controllo degli impulsi in questa malattia (Evens et al.2016; Biars et al. 2019).
La combinazione dei dati ERPs che utilizzano risposte covert con dati ottenuti tramite la FAB e l'IGT che utilizzano al contrario risposte comportamentali overt, consentirebbe dunque di ottenere un quadro più completo e informativo circa la possibile associazione tra fatica centrale e attività della PFC.

Codice Bando: 
2757342

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