
L'autofagia, processo di degradazione lisosomiale utilizzato dalla cellula al fine di riciclare macromolecole in condizioni di stress cellulare, sta emergendo come regolatore chiave nei meccanismi di immunità innata ed acquisita. Alterazioni a carico del processo autofagico, sono associate alla progressione di molteplici malattie autoimmuni incluso l'artrite reumatoide (AR). A livello della sinovia articolare dei pazienti AR è stata riscontrata, infatti, una resistenza all'apoptosi accompagnata da un aumento dei livelli autofagici, suggerendo un coinvolgimento dell'autofagia nella sopravvivenza cellulare. Una aumentata autofagia potrebbe favorire, quindi, la persistenza di cellule autoreattive ed infiammatorie, favorendo la progressione della malattia. I nostri dati preliminari sulla capacità del TNF-alpha (TNF), citochina chiave negli eventi patogenetici dell'AR, di indurre autofagia in cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC), suggeriscono, inoltre, come i farmaci che bloccano tale molecola potrebbero avere un effetto inibitorio anche sul processo autofagico.
In base a queste considerazioni, lo scopo del nostro studio sarà quello di analizzare la relazione tra autofagia ed apoptosi spontanea in PBMC isolati da pazienti affetti da AR prima e dopo trattamento con farmaci inibitori del TNF (TNFi). Inoltre, mediante studi in vitro, analizzeremo l'effetto dei TNFi sul processo autofagico ed apoptotico sinoviale con particolare riferimento ai meccanismi di citrullinazione proteica.
I livelli di autofagia delle principali cellule coinvolte nello scenario patogenetico dell'AR potrebbero fungere da promettente marcatore di attività di malattia e di risposta alla terapia.
L'artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica le cui manifestazioni cliniche possono perdurare tutta la vita costringendo il paziente a terapie prolungate e visite specialistiche ricorrenti i cui costi sono da considerarsi non trascurabili per il sistema sanitario nazionale. Inoltre, le cause che concorrono alla patogenesi della malattia e i meccanismi coinvolti non sono stati ancora chiariti, rendendo necessario uno sforzo maggiore per chiarire questi aspetti e delineare nuove strategie terapeutiche. Negli ultimi anni si sta sviluppando un interesse crescente nei confronti del processo autofagico culminato lo scorso anno con il conferimento del Nobel per la medicina al biologo giapponese Ohsumi che ne ha svelato i meccanismi molecolari più importanti. Al fine traslazionale, l'individuazione delle molecole coinvolte nell'autofagia, delle loro funzioni ed interazioni rappresenta un risultato fondamentale per l'identificazione di nuovi e più efficienti bersagli da utilizzare per regolare farmacologicamente tale processo a fine terapeutico. Il coinvolgimento dell'autofagia nella regolazione della sopravvivenza ed attivazione delle cellule del sistema immunitario suggerisce, infatti, come la modulazione del processo autofagico possa rappresentare un approccio terapeutico allettante nel trattamento di diverse malattie come quelle autoimmuni. Nell'AR sta emergendo come l'interazione tra autofagia ed apoptosi sia in grado di influenzare il destino cellulare e per questo motivo una predominante attivazione di un meccanismo rispetto all'altro potrebbe avere degli effetti nocivi a carico delle cellule del sistema immunitario, specialmente quelle autoreattive e proinfiammatorie. In base a questa considerazione, nel nostro studio valuteremo l'andamento dei livelli di autofagia spontanea in cellule periferiche di pazienti affetti da AR prima e dopo trattamento con farmaci inibitori del TNF. Analizzeremo le eventuali correlazioni tra i livelli dei marcatori autofagici ed apoptotici e i parametri clinici per meglio esaminare il ruolo dell'autofagia nella progressione dell'AR. Inoltre, partendo dai nostri dati preliminari che mostrano un effetto pro-autofagico della citochina TNF, studieremo per la prima volta l'effetto in vitro dei farmaci che inibiscono questa molecola sull'autofagia sia in cellule immunitarie del sangue periferico che in sinoviociti di pazienti affetti da AR. Un recente studio ha mostrato come i pazienti AR responsivi alla terapia presentavano un aumento dell'apoptosi dei sinoviociti in seguito ad otto settimane di trattamento con etanercept. Tali farmaci, quindi, potrebbero inibire l'autofagia bloccando l'azione del TNF e rendere le cellule dei pazienti maggiormente prone ad andare incontro ad apoptosi. Il ripristino dei livelli di apoptosi dovuto ad una eventuale diminuzione dell'autofagia potrebbe avere un ruolo nello spegnimento dell'infiammazione e determinare, quindi, un risvolto terapeutico favorevole.
Recentemente inoltre, il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato come l'attivazione dell'autofagia nei monociti e sinoviociti dei pazienti causava un aumento della citrullinazione e quindi di ACPA, aventi un ruolo chiave negli eventi patogenetici dell'AR. Per confermare questi risultati, in associazione allo studio dell'autofagia, valuteremo anche l'andamento dell'espressione delle proteine citrullinate in seguito a trattamento in vitro con farmaci anti TNF e analizzeremo le molecole di segnalazione intracellulari coinvolte sia a livello proteico che la loro espressione genica.
I nostri esperimenti ci permetteranno di capire se una eventuale inibizione o stimolazione dell'autofagia mediante specifiche molecole possa rappresentare un'opzione terapeutica allettante da affiancare alle terapie standard, inclusi i farmaci biologici, al fine di potenziare la risposta terapeutica. A tale proposito, è importante ricordare come l'idrossiclorochina (HCQ; plaquenil), molecola che agisce da inibitore dell'autofagia bloccando la fusione dell'autofagosoma con il lisosoma, è attualmente in uso nella pratica clinica con risultati soddisfacenti. Inoltre, è stato recentemente dimostrato che la clorochina si mostrava capace di ridurre il differenziamento degli osteoclasti sia in vitro che in vivo, inibendo per di più il rilascio del TNF in monociti stimolati con lipopolisaccaridi. L'inibizione dell'autofagia potrebbe rappresentare, quindi, un promettente approccio terapeutico per riattivare l'apoptosi e causare la morte programmata de cellule sinoviali e periferiche infiammatorie ed autoreattive. Inoltre, il monitoraggio dei livelli di autofagia potrebbe rappresentare un parametro aggiuntivo per valutare la risposta alla terapia nei pazienti affetti da AR.