A seguito della pandemia di Covid-19, molte organizzazioni, su indicazione delle autorità, hanno promosso l'adozione e lo sviluppo del telelavoro per ridurre alcune delle conseguenze della crisi sanitaria sull'economia e favorire il distanziamento sociale. La percentuale di lavoratori impiegati in questo nuovo tipo di organizzazione del lavoro è rapidamente cresciuta sia in Italia che nel resto d'Europa, spesso trovando il mondo del lavoro impreparato verso questo cambiamento. Ciò ha avuto inevitabili ripercussioni sia sulle aziende, che hanno dovuto cambiare la propria organizzazione, sia sui lavoratori, che hanno sostituito il loro luogo di lavoro con, nella maggior parte dei casi, le loro abitazioni. Tale cambiamento di contesto, come dimostrato da recentissime evidenze, ha avuto un impatto significativo sul loro benessere mentale e lavorativo. Tuttavia non esistono strumenti specifici rivolti alla categoria degli smart workers per poterne valutare lo stress lavoro-correlato, in relazione al telelavoro e alle nuove variabili che esso comporta (privacy, bilanciamento famiglia-lavoro, controllo, relazioni interpersonali ecc.).
Scopo di questa ricerca è quindi la formulazione di una metodica di indagine dello stress lavoro-correlato e del benessere dei lavoratori che svolgono la propria attività in modalità "smart working".
Ad oggi non esiste una metodologia di valutazione del benessere psicofisico dei lavoratori che svolgono la propria attività in modalità "smartworking".
Tutti gli strumenti di indagine presenti in letteratura scientifica e predisposti da Istituzioni pubbliche (INAIL) non contemplano il telelavoro e non garantiscono quindi una valutazione oggettiva/soggettiva del benessere dei lavoratori che operano in modalità "smart working".
Questo strumento può dare ai datori di lavoro, tramite il medico del lavoro competente, la concreta possibilità di migliorare la qualità del telelavoro che già molte aziende hanno dichiarato di voler utilizzare anche al termine della pandemia.