
La ricerca, condotta in chiave antropologica, ha come obiettivo la concezione, la strutturazione e l'applicazione sperimentale di una scheda per il rilevamento etnografico e la documentazione dei saper fare nei sistemi locali di produzione agricola, da intendere sia come espressione de patrimonio culturale immateriale, sia come risorsa per la salvaguardia della biodiversità, soprattutto di quella coltivata. La ricerca prende spunto dalla constatazione della fragilità dei saperi popolari in campo agricolo, patrimonio di conoscenze e competenze esposto a forme di grave erosione a causa di dinamiche di globalizzazione e processi di razionalizzazione produttiva e commerciale, ma anche di un ritorno alla centralità della questione agraria del tutto inimmaginabile sino a poco tempo fa (si veda il caso del c.d. "ritorno alla terra" di molti giovani). La ricerca, tramite la strutturazione della scheda precedentemente citata, intende mettere a fuoco il ruolo che i saperi locali hanno nella salvaguardia della biodiversità
coltivata nonché le modalità tramite le quali questi saperi vengono trasmessi, appresi e poi giocati nell'agone della contemporaneità (e
dunque: rapporto con le nuove tecnologie, con le nuove pratiche, con le nuove sensibilità, loro impiego nelle strategie di patrimonializzazione e certificazione).
La ricerca appare innovativa nella misura in cui al momento non esiste alcuno strumento standardizzato di rilevamento dei saper fare.
Esistono, nel campo del patrimonio demoetnoantropologico, soltanto schede di rilevamento di beni materiali (ICCD-BDM) e del
patrimonio immateriale (ICCD_BDI). La scheda che si intende mettere a punto, in relazione ai saper fare in agricoltura, ma applicabile - con le dovute modifiche - anche in altri contesti, supplisce questa mancanza. L'ambizione del progetto qui presentato è quello di arrivare a produrre una modellistica capace a) di restituire una immagine adeguatamente articolata dei fenomeni in relazione alla quale essa verrà applicata e b) di orientare incisive azioni sul territorio. La ricaduta che un simile progetto ha, in altre parole, è di natura scientifico/conoscitiva e applicativa. Uno degli assunti forti dai quali parte la ricerca è che le culture locali hanno formato e plasmato specifiche pratiche culturali necessarie alla efficace gestione di determinate risorse genetiche (animali o vegetali) fortemente connotate sul piano locale, risorse che oggi appaiono a forte rischio di erosione (scomparsa) in quanto oggetto della inarginabile concorrenza da
parte di produzioni estensive di natura industriale. Per salvaguardare la biodiversità non si può intervenire semplicemente sulle risorse perché se scompaiono i saperi, o se i portatori di questi saperi non trovano comunità di riferimento, le stesse risorse diventano ancora più vulnerabili. Emerge in questo modo il tema della fragilità culturale di saperi, frutto di pluriennale (quando non secolare) costituzione. Se si perdono i saperi scompaiono le risorse genetiche, e al tempo stesso se determinate piante o determinate specie animali non vengono più allevate scompaiono (perché destinati a diventare residuali, marginali, non in grado di produrre reddito) saperi tecnici popolari e dunque diversità culturale. La ricerca e i modelli di conoscenza e documentazione che essa si propone di sviluppare hanno come obiettivo quello di fornire strumenti per conoscere e dunque valorizzare saperi e pratiche dalla cui sopravvivenza dipende non soltanto la diversità biologica ma anche quella culturale. La fase di verifica dei risultati ai quali l'applicazione delle schede permetterà di approdare, consentirà il raggiungimento di livelli di riflessività capaci di affinare ancora di più gli strumenti approntati e di consentire una loro sempre più efficace e puntuale applicazione.