Il progetto di ricerca si prefigge l'obiettivo di indagare l'efficienza del quadro regolatorio attuale in materia di Green public procurement, nell'ottica di una valorizzazione del principio di sostenibilità ambientale nella regolazione del mercato e nel diritto dell'economia.
Con riguardo precipuo al principio di sostenibilità, nell'ultimo trentennio si è assistito all'emersione del tema della tutela delle generazioni future e, nell'ambito di esso, all'elaborazione di un principio di sostenibilità, inteso quale divieto di compromettere gli interessi delle future generazioni per soddisfare quelli delle generazioni attuali.
Il tema del Green Public Procurement risulta particolarmente rilevante, non solo relativamente all¿area delle imprese private ma, soprattutto, nel settore pubblico, sostanziandosi nella possibilità di inserire, nelle fonti regolative di hard law, criteri di qualificazione ambientale nella domanda che le Pubbliche Amministrazioni esprimono in sede di acquisto di beni e servizi, tanto con riferimento alle spese per consumi intermedi, quanto per quelle in conto capitale, con una forte capacità di orientare il mercato, unendo la competitività e sostenibilità ambientale negli acquisti lungo tutta la catena di fornitura.
Un assetto regolativo del procurement della PA rispondente a principi di sostenibilità ambientale, infatti, coinvolge la filiera produttori-fornitori consumatori prevenendo ¿a monte¿ gli impatti ambientali e sociali anziché ¿a valle¿ ed inglobando nell¿intera catena della pubblica fornitura le implicazioni economiche, sociali e ambientali dei processi produttivi e dei consumi-stili di vita dei vari attori.
A livello metodologico, la ricerca prenderà in esame gli aspetti sopra accennati per individuare le carenze e le potenzialità di sviluppo delle modalità di Green public procurement, nell'ambito della più complessiva regolazione dei mercati di riferimento.
L'analisi ha l'obiettivo di indagare le potenziali evoluzioni della forma di Stato innescate dal processo di differenziazione dell'autonomia regionale ai sensi dell'art. 116, terzo comma. Cost., con riferimento alla materia 'tutela dell'ambiente e dell'ecosistema', di cui all'art. 117, secondo comma, Cost. L'obiettivo dell'indagine è quello di comprendere le possibili ricadute sulla protezione dei diritti dei cittadini dovuta alla diversificazione delle politiche in materia ambientale. In particolare ciò su cui si vuole riflettere sono le ricadute sulla salubrità ambientale e sulla protezione del paesaggio.
Dopo aver definito il dato costituzionale e normativo relativo al riparto delle competenze tra Stato e Regioni in materia ambientale, l'analisi indagherà i principali filoni giurisprudenziali che, a partire dalla considerazione dell'ambiente come 'valore' più che come 'materia', motivano l'ascrizione di simile materia alla competenza statale al fine di garantire l'uniformità delle tutele sul territorio nazionale. L'analisi si concentrerà più dettagliatamente sull'attuale processo di differenziazione dell'autonomia, per evidenziare come le attuali bozze di intese tra Stato e Regioni ridefiniscono la competenza in materia, spingendo fino all'estremo l'estensione della competenza regionale, in una prospettiva che sposa l'autonomia quale valore assoluto, configgendo con il corrispondente principio unitario sancito all'art. 5 Cost.
La ricerca intende approfondire le possibili, innovative modalità di interazione tra pubblico e privato nel percorso di crescita della sostenibilità nell'ordinamento internazionale e interno, anche alla luce di una piena valorizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale stabilito dall'art. 118, comma 4, della Costituzione.
In tale prospettiva di analisi si inscrive, fra l'altro, l'attuazione della procedura Europea di Green Public Procurement (GPP) oggetto del Collegato ambientale della legge di stabilità 2014 (legge 28 dicembre 2015, n. 221, artt. 16-22), che delinea i presupposti per un percorso virtuoso di appalti e acquisti volti alla diminuzione dell'impronta ambientale dei beni e servizi messi in gara, con un approccio regolativo innovativo che intende improntare dei caratteri di sostenibilità già a monte i processi e le filiere produttive di fornitura di tali beni e servizi.
Occorre, al riguardo, ricordare come l'efficienza energetica è il volano che meglio degli altri permette, con minori costi e con risultati più efficaci, di raggiungere i tre obiettivi di fondo della politica europea, vale a dire la competitività, il miglioramento della sicurezza dell'approvvigionamento energetico e la riduzione dell'emissione di gas serra. L'Unione europea dispone di una strategia, l'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, che, se accolta con consapevolezza e in modo risoluto dai suoi Stati membri e dalla società civile europea, le consentirebbe di delineare un quadro economico, sociale, ambientale e istituzionale virtuoso. Tra le linee da percorrere per la piena attuazione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile sanciti da Agenda 2030 rientra il miglioramento dell'efficienza energetica, che si pone al centro delle priorità dell'Unione europea.
Il principio energy efficiency first, sancito nel Winter Package allo scopo di guidare la transizione verso un'energia pulita (Clean energy for all Europeans), esige un cambiamento sul piano culturale e tecnologico, che vede l'efficienza energetica come obiettivo privilegiato.
L'importanza strategica dell'efficienza energetica impone, poi, di individuare la giusta sinergia tra pubblica amministrazione e privato. Esempi eloquenti sono rintracciabili nell'esperienza del 'partenariato pubblico-privato', designante forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese per la realizzazione di opere o servizi di utilità sociale e ambientale (art. 180 d.lgs. 50/2016), e nell'esperienza del c.dd. 'appalti pubblici verdi', ove il soggetto pubblico inserisce tra i criteri di aggiudicazione le 'clausole verdi' al fine di selezionare concorrenti in grado di offrire prodotti e servizi eco-efficienti.
L'analisi di tali regole e della loro concreta attuazione è interessante soprattutto nella prospettiva di verificare l'esistenza di reali incentivi che aumentano la propensione dei privati a investire, nonché di eventuali nodi che ostacolano la promozione degli investimenti e la collaborazione tra amministrazioni pubbliche e operatori privati nel mercato di riferimento.