
Il cardinale Carlo Borromeo sintetizza e riordina i dettami conciliari nel suo trattato del 1577 "Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae", elaborando specifici modelli architettonici per l'architettura sacra. La codificazione si estende a quegli spazi funzionali che, dopo il Concilio non più meramente subordinati alle chiese, assumono un rinnovato ruolo di snodi liturgici, ambienti devozionali, luoghi di preghiera o di assemblea. Le nuove prescrizioni toccano gli spazi distributivi dei complessi conventuali, i refettori, le sagrestie, che divengono oggetto di sperimentazione per la messa a punto di modelli innovativi, soprattutto per quanto riguarda le ricerche sulla centralizzazione degli spazi e i criteri distributivi delle residenze. Sono compresi gli oratori, centri di adunanza che San Filippo Neri distingue dalle chiese. Le novità si estendono dai modelli d'impianto all'introduzione di nuovi elementi nell'articolazione spaziale - si pensi alle finestrelle eucaristiche nelle sagrestie dei conventi femminili - fino all'allestimento di nuovi arredi liturgici. Si tratta di una nuova sfida per gli architetti che interpretando le regole tridentine, sia per l'adeguamento delle architetture preesistenti, sia per la progettazione del nuovo, sono costretti a modificare gli standard dell'edilizia religiosa preconciliare. E' soprattutto nella Roma della prima metà del Seicento, che una generazione di figure poco note e apparentemente di secondo piano, come Mario Arconio, Gaspare De Vecchi, Antonio Casoni, Paolo Maruscelli, Francesco Peparelli, riescono a innovare profondamente gli spazi dei nuovi complessi conventuali. Tali realizzazioni incidono e si diffondono capillarmente nello Stato della Chiesa, con repliche e varianti di cui si propone una prima classificazione, rivolgendo particolare attenzione alle aree dell'Umbria e delle Marche.
Il progetto di ricerca parte dalla constatazione che il tema degli spazi funzionali dell'architettura sacra in età moderna rimane ancora a tutt'oggi sostanzialmente trascurato nella storiografia architettonica. Gli studi si sono concentrati sull'edificio-chiesa trascurando l'importanza funzionale e liturgica degli spazi annessi. Questi sono stati presi in considerazione quasi sempre esclusivamente per il loro coordinamento con l'insieme planimetrico, senza considerare la loro autonomia spaziale e funzionale. La ricerca intende valorizzare la diffusa qualità formale di questi spazi che pur coordinati con l'insieme d'impianto, possono essere validamente intesi come nuclei autonomi con una loro morfologia spaziale spesso profondamente originale e innovativa per le soluzioni introdotte nelle coperture voltate, nei recessi delle scantonature angolari che possono racchiudere armadi, arredi liturgici, negli inserti decorativi e così via. Si sottolinea al riguardo il carattere quasi del tutto inedito di un lavoro di catalogazione sistematica di questi spazi che nel nostro progetto punta all'individuazione di opere particolarmente significative.
Lo studio intende estendersi a una ripartizione cronologica il cui spartiacque coincide con il periodo controriformista, e segnatamente con l'accurata prescrizione dei requisiti funzionali delle sagrestie che troviamo nelle "Instructiones fabricae" di Carlo Borromeo (1577), indubbio punto di sintesi e di novità. Le normative tridentine, tese a disciplinare la vita religiosa, fornivano indicazioni estremamente dettagliate che costituiscono i parametri di conformità degli spazi considerati. Un altro aspetto innovativo della ricerca riguarderà la distinzione precisa tra chiesa e oratorio che per essere tale secondo san Filippo Neri doveva avere un accesso indipendente e una facciata propria. Va ricordato che il termine "oratorio" indicava originariamente il luogo dove i membri delle confraternite usavano riunirsi per lo svolgimento delle loro attività istituzionali, in un ambiente situato di solito in prossimità della chiesa cui erano legate (e si pensi a quello della Arciconfraternita del Gonfalone, del Crocifisso di S. Marcello, di S. Maria dell'Orto, della SS. Trinità dei pellegrini, per non citare che i più noti e nobili): ma per traslato esso fu attribuito al complesso delle iniziative avviate da S. Filippo con sapiente equilibrio fra attività pratica e riflessione spirituale.