Anno: 
2018
Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_1091698
Abstract: 

La crisi del processo di integrazione europea, in larga parte (ma non soltanto) dovuta alle conseguenze della grande crisi finanziaria del 2008, continua ad aggravarsi, investendo il versante istituzionale - sia a livello dell'Unione che dei singoli stati membri - con pesanti ricadute sulla qualità della vita democratica.
L'affermarsi di forze politiche apertamente ostili nei confronti del processo di integrazione determina il rifiorire, con intensità sempre maggiore, della convinzione che solo un ritorno alle forme e agli strumenti classici della statualità possa assicurare adeguata tutela dei diritti e degli interessi delle comunità nazionali.
In questo scenario si colloca la ricerca proposta, che intende avviare una riflessione sugli strumenti di protezione dei diritti fondamentali tipici delle dinamiche del costituzionalismo multilivello, e sulle loro possibili linee di trasformazione e sviluppo alla luce del mutato contesto storico e politico.

ERC: 
SH2_4
SH2_5
SH3_7
Innovatività: 

Il tipo di approccio proposto - che si fonda sull'integrazione tra metodo giuridico e considerazione del contesto storico, politico e culturale - pare idoneo a realizzare, secondo canoni di originalità, un significativo avanzamento delle conoscenze rispetto allo stato dell'arte, per ciò che riguarda la comprensione della crisi del processo di integrazione europea con specifico riferimento alla relazione tra tutela dei diritti, gestione dei conflitti e costruzione dell'identità europea a partire dall'interazione - e non dalla mera opposizione - tra dimensione statuale e dimensione sovranazionale.
In particolare, deve essere sottolineato l'intento di mettere in luce le molteplici intersezioni tra conflitto interordinamentale e conflitto politico interno allo stato o agli stati membri considerati.
L'ipotesi di partenza, infatti, è che il conflitto tra ordinamenti - o, se si vuole, tra identità costituzionali - non possa e non debba essere analizzato unicamente nella sua dimensione astratta, di conflitto tra principi (o valori) concorrenti, ma che - specie quando emerge in sede di applicazione del diritto da parte di un giudice - possa essere interpretato come figura o momento di un più profondo conflitto interno all'ordinamento che si pone in relazione con la dimensione sovranazionale. Simile dinamica emerge con particolare chiarezza, solo per fare un esempio, dalle vicende di uno strumento argomentativo tipico della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, vale a dire il margine di apprezzamento; ma un ragionamento simile potrebbe svolgersi a proposito della delega di giudizio di proporzionalità "in concreto" al giudice del rinvio da parte della Corte di giustizia; o alle "resistenze" manifestate anche di recente da alcune Corti costituzionali nazionali - come la Corte costituzionale italiana e i Tribunali costituzionali tedesco e spagnolo - in tema di "monopolio interpretativo" dei cataloghi di protezione dei diritti fondamentali o, ancora più specificamente, della portata dei limiti costituzionali al processo di integrazione: si pensi, in Italia, alla recente sentenza n. 269/17 o alla successiva sentenza n. 115/18, che ha concluso la cd. vicenda Taricco.
Dalla coscienza delle intersezioni tra conflitto interordinamentale e conflitto politico interno discendono alcuni significativi corollari, che pure denotano la particolare originalità dell'approccio proposto:
a) sul piano del rapporto tra potere giudiziario e processo politico, lo spostamento della gestione del conflitto a livello sovranazionale mette in luce e valorizza le virtualità contromaggioritarie della protezione multilivello dei diritti fondamentali (come reso evidente, in particolare, proprio dalle vicende del margine di apprezzamento nella giurisprudenza della Corte EDU, come rivela da ultimo la decisione nel caso Bayev c. Russia, del 21 giugno 2017);
b) per ciò che riguarda la tutela dei diritti sociali, un approccio al conflitto interordinamentale che sia sensibile alla dimensione conflittuale interna pare idoneo ad approfondire (e, se si vuole, ad irrobustire la legittimazione) della soluzione data allo specifico problema di integrazione sociale sotteso dal caso all'esame del giudice sopranazionale e interno, superando i gravi limiti che si riscontrano, sul punto, nella dimensione europea (si pensi ai classici casi Viking, Laval e Ruffert, che hanno segnato una netta prevalenza dell'istanza concorrenziale sulla tutela della posizione dei lavoratori); si osservi che proprio attorno alla effettiva tutela dei diritti sociali si agita una delle più violente dimensioni del conflitto tra ordinamenti nazionali e ordinamento sopranazionale, a sua volta profondamente condizionata dall'attinenza dei diritti sociali all'effettività e al successo del processo di integrazione della comunità politica secondo canoni di democrazia integrale ed eguaglianza materiale; e ancora, è proprio in relazione all'effettività dei diritti sociali che viene attualmente proposto, polemicamente, un recupero della dimensione statuale come cornice necessaria e sufficiente per la tutela dei diritti;
c) con riferimento ad entrambi i profili segnalati, infine, una più profonda comprensione del conflitto interordinamentale (alla luce delle sue intersezioni con il conflitto politico interno) potrebbe irrobustire la stessa legittimazione, democratica e costituzionale, del processo di integrazione europea, contribuendo a rendere finalmente l'Europa (intesa come sede di una relazione dinamica tra ordinamenti, identità e processi di integrazione) vero e proprio "terreno dei conflitti sociali, ideologici, passionali, in sostanza politici, che riguardano il suo futuro" (Balibar, "Crisi e fine dell'Europa", cit., p. 135). In definitiva, è l'assunzione - e non la rimozione - dei conflitti che può fare dell'Europa un oggetto (e un soggetto) di azione e contestazione politica, dunque di pratiche autenticamente democratiche.

Codice Bando: 
1091698

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