La pandemia di AIDS è una delle più grandi tragedie dei tempi moderni. Tuttavia, nonostante 20 anni di ricerche, molti aspetti fisiopatologici dell'infezione da HIV restano ancora scarsamente compresi. Tra questi, un punto chiave è l'impatto delle alterazioni del microbioma intestinale sull' immunoattivazione e sull'evoluzione della malattia da HIV e delle patologie non-AIDS relate.
Infatti, se e' noto che l'attivazione delle cellule del sistema immunitario è associata ad una senescenza precoce di molti organi nobili come miocardio e cervello, meno esplorata resta invece la relazione tra invecchiamento precoce e alterazioni del microbiota intestinale che si modifica in risposta alla replicazione virale di HIV. Pertanto la comprensione del legame tra HIV, immuno-attivazione e disbiosi intestinale appare sempre più come la chiave di volta per progettare nuove strategie terapeutiche.
Considerato che in letteratura è bendescritto l'asse fisiopatologico "Intestino-cuore" e la significativa alterazione del microbioma intestinale presente nei soggetti HIV negativi con insufficienza cardiaca, il nostro studio si pone come obiettivo di analizzare il possibile coinvolgimento della flora intestinale nel processo di invecchiamento precoce del sistema cardiovascolare anche nella popolazione HIV positiva. Per questo verrà effettuata una approfondita analisi delle caratteristiche del microbioma intestinale e delle vie metaboliche da esso indotte e dei livelli di immunoattivazione sistemica, in pazienti HIV+ in cART rispetto a soggetti HIV negativi con scompenso cardiaco al fine di identificare possibili alterazioni del microbioma predisponenti al rischio cardiovascolare.
È oramai assodato che l'infezione da HIV rappresenta una patologia sistemica con un coinvolgimento infiammatorio generalizzato dell'organismo. In questo contesto è ben nota la vulnerabilità cardiovascolare dei soggetti sieropositivi, che in linea generale presentano un aumentato e precoce rischio di infarto acuto del miocardio rispetto alla popolazione generale, oltre a un incremento del rischio di eventi cerebrovascolari. La causa di questa vulnerabilità è stata individuata in parte nell'infiammazione sistemica e nella traslocazione microbica che sono proprie degli individui infetti e in parte nell'utilizzo cronico dei farmaci antiretrovirali; questi modelli però non tengono in considerazione l'importante ruolo svolto dal microbiota intestinale nell'attivazione e nella regolazione di innumerevoli vie metaboliche del nostro organismo. I soggetti con infezione da HIV infatti presentano, nonostante l'utilizzo della terapia antiretrovirale, un quadro di dismicrobismo intestinale che si associa ad effetti negativi sulla funzione di diversi apparati dell'organismo, anche se ad oggi poco è noto circa l'effetto diretto del microbiota sulla funzione cardiovascolare in HIV. Nella popolazione generale è stata recentemente correlata la presenza di placche ateromasiche coronariche con una elevata presenza in circolo di trimetilammina (TMAO) e dei suoi precursori L-carnitina, colina e betaina, ovvero prodotti del metabolismo dei batteri intestinali, che agirebbero favorendo l'infiammazione a carico delle cellule endoteliali, tant'è che oggi si parla dell'esistenza di un asse microbiota-cuore e si considera il microbiota intestinale come una vero e proprio organo endocrino in grado di svolgere un ruolo nella regolazione della funzione cardiometabolica. Ciò premesso, appare evidente come lo studio del ruolo del microbiota intestinale sul rischio cardiovascolare di una popolazione fragile come quella dei soggetti con infezione da HIV, rappresenti una necessità oltre che una frontiera nello studio della problematica cardiovascolare in HIV.Recenti studi clinici che mirano a promuovere più ampie diversità di microbiota intestinale nei pazienti HIV positivi sono incoraggianti e sono in corso sforzi per valutare se tutti i pazienti, i risponditori immunitari e i non responder immunitari possano beneficiare di questi trattamenti.Il microbiota intestinale è ora riconosciuto come un potenziale bersaglio per le bioterapie per ridurre l'infiammazione e i rischi di sviluppare malattia coronarica. Tuttavia, a causa della enorme biodiversità tra ciascun individuo risulta difficile stabilire qual è il microbiota ideale che ha un ruolo protettivo nei confronti delle diverse patologie.La possibilità di misurare le vie metaboliche del microbiota aiuta a misurare i prodotti di sintesi che sono necessari per il normale funzionamento dei diversi tipi cellulari e per il controllo dello stato infiammatorio.Tuttavia ad oggi, quale sia la migliore composizione microbica intestinale utile per ridurre il rischio cardiovascolare non è ancora chiaro ed è ancora in attesa di studi clinici più ampi su popolazioni diverse che dovrebbero considerare le disparità geografiche.
Attraverso lo studio di tale associazione sarà inoltre possibile contribuire alla definizione di strategie specifiche per il contenimento del rischio cardiovascolare dei soggetti HIV positivi in modo da superare quelle attualmente in uso, mutuate dalla popolazione generale e spesso inefficaci nei soggetti sieropositivi.