Le trasfusioni di sangue autologhe rientrano nella categoria del doping ematico e sono incluse nella lista dei metodi proibiti dall'Agenzia Mondiale Antidoping (WADA). Attualmente, è possibile rilevare l'utilizzo di tale pratica illecita esclusivamente per via indiretta attraverso il monitoraggio longitudinale di parametri ematici chiave facenti parte del cosiddetto "modulo ematologico" del Passaporto Biologico dell'Atleta ("Athlete Biological Passport", ABP). Una possibile strategia di rilevamento diretto può basarsi sul monitoraggio dei cosiddetti "markers di conservazione": la conservazione della porzione corpuscolata del sangue, successiva al prelievo che precede l'autotrasfusione, comporta alterazioni proteomiche e metabolomiche a carico degli eritrociti. La perossiredossina-2 (Prx-2) appartiene ad una classe di perossidasi ed è abbondantemente espressa negli eritrociti. In seguito ad incremento dello stress ossidativo, causato dalla conservazione ex vivo, la Prx-2 si accumula in forma ossidata e tende a formare strutture quaternarie ad alto peso molecolare, modificando la sua natura di proteina citoplasmatica, collocandosi a ridosso della membrana plasmatica degli eritrociti e legando il trasportatore anionico transmembrana noto come "band 3". Ulteriori alterazioni del proteoma eritrocitario sono a carico della proteina band 3, la cui concentrazione si riduce sensibilmente in seguito a conservazione ematica.
Lo scopo del presente progetto è quello di sviluppare un metodo quali-quantitativo di analisi della Prx-2 singolarmente e in rapporto alla proteina band 3 mediante tecniche analitiche quali western blot (WB) e citofluorimetria a flusso (FC) in modo da evidenziare le modificazioni proteomiche eritrocitarie a seguito di conservazione del campione ematico. L'obiettivo ultimo è dunque quello di allestire un confronto tra le abbondanze relative delle due proteine al fine di indagarne le potenzialità come biomarker per la rilevazione di trasfusioni autologhe.
Il ricorso all'utilizzo di sostanze e a pratiche illecite al fine di migliorare le performance psichiche e fisiche è purtroppo un fenomeno molto diffuso, non solo a livello di sport di élite. Negli sport di resistenza sono utilizzate numerose tecniche o sostanze riconosciute come illecite dall'Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) al fine di incrementare e ottimizzare il rilascio di ossigeno ai muscoli durante l'esercizio fisico. Tra le sostanze maggiormente somministrate vi sono l'eritropoietina ricombinante umana (rHuEpo) e altre sostanze stimolanti l'eritropoiesi (ESA), per le quali esistono tuttavia test diretti che vengono effettuati durante analisi di routine dai laboratori anti-doping accreditati dall'Agenzia Mondiale Antidoping ("World Anti-Doping Agency", WADA). Una tecnica largamente diffusa è quella delle trasfusioni, che possono essere di natura omologa o autologa. Attualmente sono disponibili test di routine per il rilevamento diretto di trasfusioni omologhe, quali l'analisi degli antigeni di superficie dei globuli rossi per individuare eventuali differenze tra quelli del donatore e del ricevente, o l'analisi del DNA, estratto da cellule nucleate. Al contrario, per le trasfusioni di natura autologa non esistono ancora metodi diretti di rilevazione ed il metodo indiretto attualmente riconosciuto per la rilevazione delle suddette è il monitoraggio longitudinale di parametri ematologici compresi nel modulo ematologico del Passaporto Biologico dell'Atleta, che però possiede delle limitazioni, come la ridotta sensibilità in caso di trasfusioni di un volume di sangue ridotto e l'impossibilità di rilevare l'eventuale co-somministrazione di agenti mascheranti (ad esempio espansori del volume plasmatico).
È quindi altamente auspicabile lo sviluppo di un ulteriore metodo per rilevare l'illecita pratica delle trasfusioni autologhe al fine di salvaguardare la salute degli atleti e preservare l'etica sportiva. Lo sviluppo di un metodo per la rilevazione delle alterazioni proteomiche a carico degli eritrociti in seguito alla conservazione ematica, ed, in particolare, l'individuazione della Perossiredossina-2 (Prx-2) e della proteina band 3 come biomarker del processo degradativo degli stessi, rappresenterebbe una grande innovazione nel campo della lotta al doping basata sulle indagini di laboratorio, fornendo finalmente un metodo diretto per la rilevazione delle trasfusioni autologhe. La determinazione di variazioni della Prx-2 in relazione alla sua proteina di legame transmembrana band 3 potrebbe infatti consentire di ottenere la prova univoca del ricorso alle trasfusioni autologhe.
Un ulteriore aspetto innovativo del presente progetto è dato dal fatto che, attualmente, l'analisi della Prx-2 è effettuata unicamente mediante Western Blot (WB), una tecnica che richiede tempi di esecuzione particolarmente lunghi e che non è facilmente automatizzabile, oltre che prevalentemente di natura qualitativa. L'obiettivo di sviluppare, ottimizzare e validare procedure di analisi quantitativa della Prx-2 mediante tecniche basate sulla citofuorimetria a flusso (FC) costituisce un ulteriore punto di forza del presente progetto, allo scopo di rendere l'indagine del proteoma eritrocitario molto più rapida, con significativi miglioramenti anche in termini di sensibilità e di precisione e accuratezza nel caso di determinazioni quantitative. Un ulteriore vantaggio della FC è dato infine dalla possibilità di integrare le informazioni sulle alterazioni proteomiche con quelle relative alla morfologia e alle dimensioni degli eritrociti, permettendo di ottenere informazioni complementari relative alle modificazioni morfologiche che hanno luogo durante il periodo di conservazione.