Nome e qualifica del proponente del progetto: 
sb_p_1628870
Anno: 
2019
Abstract: 

Nell'uomo osserviamo una varietà di ritmi circadiani in funzioni fisiologiche e comportamentali. Nei mammiferi tutti i ritmi biologici dipendono dal pacemaker circadiano localizzato nel nucleo soprachiasmatico (SCN) dell'ipotalamo. In condizioni normali I ritmi sono sincronizzati fra loro e mostrano una specifica relazione di fase con i cicli luce-buio/attività-riposo. Diversamente in situazioni di non allineamento fra i ritmi endogeni e il ciclo luce-buio osserviamo una desincronizzazione. WHO ha riconosciuto l'impatto negativo che il lavoro a turni ha sulla salute.
Possiamo quindi ipotizzare che ad una maggior desincronizzazione, valutabile mediante parametri cronometrici oggettivi quali periodo, ampiezza e fase dei ritmi biologici, corrisponda una minore tolleranza alle turnazioni da parte del lavoratore.
Recentemente sono stati utilizzati quali indici di tolleranza misure oggettive come il ritmo attività/riposo, la ritmicità nella secrezione di ormoni e neurotrasmettitori, la ritmicità in compiti neurocomportamentali o di performance cognitive.
Nei lavoratori a turni si evidenzia un disallineamento fra secrezione di vari ormoni e ritmi comportamentali. I markers biologici di maggior interesse in ambito cronobiologico sono la temperatura corpore, la melatonina e il cortisolo. L'andamento temporale dei tre markers è una misura diretta dell'adattamento dell'organismo all'ambiente poiché essi sono in relazione fra loro e con importanti processi psicofisiologici.
Studiare l'assetto cronobiologico di una persona richiede una integrazione fra più piani, occorre cioè considerare sia l'andamento temporale di parametri biologici che psicologici.
L'obiettivo di questo progetto è quello di investigare la problematica della tolleranza al lavoro a turni notturno sia nella componente biologica che psicologica ponendo maggiore attenzione alle modificazioni che riguardano l'assetto cronobiologico del lavoratore.

ERC: 
SH3_9
Componenti gruppo di ricerca: 
sb_cp_is_2269794
sb_cp_es_302847
Innovatività: 

Fino ad alcuni decenni fa il lavoro a turni e notturno era adottato quasi esclusivamente per garantire servizi essenziali (vedi trasporti, ospedali, telecomunicazioni, pubblica sicurezza), per far fronte a esigenze tecnologiche (nei settori siderurgico e chimico) e a peculiari aspetti del lavoro artigianale (panificatori) e della pesca. Nel corso degli anni è diventato un importante fattore dell¿organizzazione del lavoro, volto ad incrementare la produttività e a sostenere la competitività delle aziende, avendo come punto critico le esigenze di carattere biologico e sociale del lavoratore. Per lavoro a turni si intende, in generale, ogni forma di organizzazione dell¿orario di lavoro, diversa dal normale lavoro giornaliero, in cui l¿orario operativo dell¿azienda viene esteso oltre le consuete 8-9 ore diurne (in genere tra le 8 e le 17-18), fino a coprire l¿intero arco delle 24 ore, mediante l¿avvicendamento di diversi gruppi di lavoratori. Attualmente in Italia si stima che il 30% circa del totale dei lavoratori svolge attività con orari a turni (nelle diverse forme) e il 20% circa è coinvolto a vario titolo nel lavoro notturno. In virtù del gran numero di lavoratori coinvolti da questa modalità lavorativa, la problematica si presenta particolarmente delicata sia dal punto di vista sindacale che del datore di lavoro. Il presente progetto non intende supportare ipotesi che possano favorire gli uni o gli altri, bensì intende assumere una posizione imparziale nell¿interesse generale e delle politiche lavorative intese nella maniera più ampia: Società, Aziende, Lavoratori.
Gli individui reagiscono ai cambiamenti indotti dal lavoro a turni e notturno in maniera differente, alcuni tollerano molto bene le turnazioni, mentre altri sviluppano problemi seri dovuti all¿inversione del ciclo sonno-veglia/giorno-notte.
Il concetto di 'tolleranza' riguarda sia l¿adattamento, che si riferisce principalmente alla risposta biologica in termini di ritmi circadiani e di efficienza delle prestazioni (quindi sul breve termine), ma anche (nel lungo termine) a manifestazioni di un generale mal-adattamento con una presenza cronica di alcuni disturbi quali: stanchezza, problemi gastrointestinali, alterazione del sonno, sintomi di diminuzione della salute e del benessere (Reinberg e Ashkenazi, 2008).
L¿intolleranza al lavoro a turni, intesa come sintomi nel lungo termine, vede come fase antecedente l¿adattamento dell¿individuo alle diverse situazioni di desincronizzazione, intesa come risposta biologica, che si ripetono settimanalmente. Tale risposta riguarda le modificazione dei parametri cronobiologici, cioè il grado di desincronizzazione ed il tempo necessario a che tali parametri ritornino nella norma.
Uno dei primi lavori ad evidenziare una relazione fra tolleranza e struttura temporale di alcuni ritmi biologici fu di Andlauer e colleghi (1979) sulla ritmicità della temperatura corporea orale. Recentemente sono stati utilizzati quali indici di tolleranza misure oggettive come il ritmo attività/riposo (Seo et al., 2005), la ritmicità nella secrezione di ormoni e neurotrasmettitori (Sookoian et al., 2007; Korompeli et al., 2009), la ritmicità in compiti neurocomportamentali o di performance cognitive (Reid & Dawson, 2001; Bonnefond et al., 2006; Petru et al., 2005). La centralità del pacemaker circadiano quale struttura maggiormente implicata nella desincronizzazione e quindi nella tolleranza, è data dal gran numero di processi biologici da esso dipendenti o ad esso correlati. Nei lavoratori a turni si evidenzia un disallineamento fra secrezione di vari ormoni e ritmi comportamentali quali sonno/veglia e digiuno/alimentazione (Roden et al., 1993; Knutsson et al., 2003). I markers biologici di maggior interesse in ambito cronobiologico sono la temperatura corpore (CBT), la melatonina e il cortisolo (Reinberg e Ashkenazi, 2008; Grimaldi et al., 2013). L¿andamento temporale dei tre markers è una misura diretta dell¿adattamento dell¿organismo all¿ambiente poiché essi sono in relazione fra loro e con importanti processi psicofisiologici (Dijk et al., 2012). Tali variabili biologiche presentano il vantaggio di essere più facilmente misurabili e comparabili nel tempo rispetto a quelle psicologiche, che comunque devono essere considerate nel quadro complessivo. Inoltre sia le variabili biologiche che psicologiche si mostrano influenzate non solo dal genere e dall¿età ma anche dalle caratteristiche intrinseche del tipo di lavoro e dalla struttura delle turnazioni, variabili che in questo progetto verranno considerate.

Codice Bando: 
1628870

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