Il progetto di ricerca nasce dalla sensazione che la giustizia costituzionale italiana stia attraversando una nuova fase di assestamento.
Infatti, nei decenni precedenti gli studiosi avevano potuto osservare, a livello teorico, la creazione di un modello caratterizzato da un'accentuata diffusione del controllo di legittimità sulle fonti primarie; a questo fenomeno avevano contribuito diversi fattori, come l'imposizione dell'obbligo di interpretazione conforme a costituzione, l'incidenza del diritto europeo nell'ordinamento italiano, il ruolo, sempre più penetrante, assunto dalle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Ad una attenta ricostruzione della più recente giurisprudenza sembra oggi che si possa individuare una tendenza centripeta da parte della Corte costituzionale, più attenta a tenere le fila del controllo di costituzionalità. Orientamenti simili parrebbero alla base della parziale rimodulazione dei rapporti tra pregiudiziale costituzionale e pregiudiziale europea, nonché in ordine all'attenuazione dell'onere di non applicazione del diritto interno contrastante con la normativa europea. Significativi sono anche gli orientamenti giurisprudenziali che tendono ad affermare come il testo scritto costituisca un limite insuperabile dell'interpretazione giudiziaria.
La ricerca si svilupperà lungo quattro crinali:
- rapporto del giudice comune con la Corte
- rapporto del giudice comune con le corti europee
- rapporto del giudice con il testo normativo
- conflitti e autodichia.
Il tutto potrebbe riassumersi nella domanda: dove sta andando il controllo di costituzionalità in Italia?
Dallo stato dell'arte così come descritto nel punto precedente, è facile rendersi conto della mancanza, anche in considerazione della natura in fieri del processo che si vuole indagare, di una sistematizzazione organica delle più recenti tendenze, in senso accentrato, della Corte costituzionale.
In particolare, la giurisprudenza costituzionale sembrerebbe aver preso coscienza che, a causa di un'estremizzazione della tecnica dell'interpretazione conforme, spesso si può constatare un superamento dell'orizzonte di senso delle disposizioni da parte del giudice comune italiano, con inevitabili ricadute in termini di certezza del diritto, in un ordinamento ove non vige il principio del precedente vincolante, di lesione del principio di legalità e di separazione dei poteri (Delù, 2006).
Inoltre, tale teorica, elevata a sistema, ha sostanzialmente depauperato il ruolo della Corte e si è posta come limite alla formazione di una consolidata giurisprudenza "sostanziale" della Consulta, che ha delegato al giudice comune la risoluzione delle questioni di costituzionalità. Infatti, «le troppe sollecitazioni rivolte ai giudici comuni [possono] condurre ad una forma di sindacato diffuso, pregiudicando la giurisdizione esclusiva della Corte» (Pistorio, 2012), con ovvie ricadute sull'eguaglianza nel trattamento.
Alla luce delle evidenziate criticità è necessario soffermarsi su alcune recenti posizioni assunte dalla Corte costituzionale sull'onere dell'interpretazione conforme. In primo luogo, si deve far riferimento alla sent. n. 221 del 2015, con la quale la Corte sembra attenuare lo sforzo interpretativo gravante sul giudice a quo nella ricerca dell'interpretazione conforme a costituzione, limitandolo a un ragionevole tentativo.
In particolare, «la rigidità dell'obbligo imposto al giudice cede il passo ad una maggiore considerazione per lo sforzo che questi abbia comunque intrapreso e di cui abbia dato riscontro nell'ordinanza introduttiva, al di là del risultato raggiunto» (Repetto, 2017). In tal senso si orientano anche le sentt. nn. 95/2016, 240/2016 e 42/2017.
Allo stesso tempo, l'impostazione delle sentenze del 2007 «ha dato luogo ad un atteggiamento di progressiva apertura dei giudici nazionali verso la ricerca e l'applicazione di strumenti internazionali quale base giuridica alternativa alla legge nazionale su cui fondare il proprio convincimento nei casi più controversi o innovativi; nella creeping jurisdiction della Corte europea dei diritti dell'uomo, ossia nella tendenza del case-law di Strasburgo a invadere ambiti tradizionalmente riservati alla dialettica interna tra giudici dei diritti e giudice delle leggi» (Colacino, 2015). Inoltre, la non completa sovrapponibilità delle disposizioni costituzionali e convenzionali rende possibile che il giudice si trovi a dover «servire due padroni in potenziale dissenso» (Bin, 2014).
Proprio tali difficoltà e degenerazioni sono alla base della sentenza n. 49/2015 con la quale la Corte costituzionale ha statuito che «la questione è inammissibile per l'erroneità del presupposto interpretativo secondo cui il giudice nazionale sarebbe vincolato all'osservanza di qualsivoglia sentenza della Corte di Strasburgo e non, invece, alle sole sentenze costituenti "diritto consolidato" o delle "sentenze pilota" in senso stretto», spingendosi finanche ad affermare la prevalenza assiologica del diritto costituzionale rispetto a quello convenzionale (Ruggeri, Tega, Conti, 2015). Tale impostazione sembrerebbe trovare conferma in alcune decisioni in tema di revocazione delle sentenze per contrasto con la giurisprudenza di Strasburgo (sent. n. 123/2017; Petralia, Conti, 2017)
Infine, all'interno di una giurisprudenza costituzionale in cui sembrerebbe persistere una netta affermazione del principio di priorità logica e temporale della pregiudiziale europea rispetto alla questione di legittimità costituzionale, a pena di inammissibilità della questione proposta dal giudice a quo, non è passata inosservata la sent. n. 269/2017, che, conferendo «incondizionata priorità alla q.l.c. solo nell¿ipotesi di parametri costituzionale ed europeo almeno parzialmente sovrapponibili» (Scaccia, 2018), sembra confermare, l'intenzione della Corte di tornare centrale nella risoluzione del dubbio di costituzionalità avente ad oggetto "questioni assiologicamente pregnanti" (cfr. Ruggeri, 2017; Rossi, 2018).
Un ritorno al centro della Carta costituzionale, e quindi del suo Custode, è anche alla base della lunga saga Taricco, relativa alla prescrizione dei reati di frode, che dovrebbe aver trovato un punto di arrivo nella sent. n. 115/2018. Nella decisione si riafferma a chiare lettere la centralità del testo scritto rispetto all'interpretazione giurisprudenziale.
Inoltre, simili tendenze sono riscontrabili anche nei conflitti di attribuzione, come sembrerebbe dimostrare la recente sent. n. 262/2017.
Si sono elencate delle decisioni rilevanti, risulta ora indispensabile portare a sistema tali indizi.