L¿emergenza pandemica dell¿oggi rende sempre più urgente il ripensamento circa le modalità di espletamento dell¿erogazione della forza lavoro umana nell¿ambito del lavoro in generale, dei servivi alla persona e dell¿apporto alla formazione. Di più, l¿uso dello smart working progressivamente assume maggiore importanza, perché ritenuto idoneo a favorire il superamento della crisi del rapporto classico fra utente/destinatario/utente da una parte ed erogatori di servizi dall'altra.
L¿attuale uso dello smart working necessita un¿analisi più ampia e rigorosa, giacché una sua valutazione complessiva dovrebbe rispondere non solo alle urgenze odierne, ma anche alla comprensione complessiva che il suo utilizzo è destinato a portare con sé. Dato che non è una pratica attinente a mere questioni tecnologiche, lo smart working non può non intercettare numerose questioni di fondo, quali il senso e la percezione del lavoro relativamente a condizioni operative differenziate, le coordinate della vita complessiva degli agenti, la qualità e la dinamica (con tematizzazione principale sull'eventuale mutamento) della motivazione, l'appropriazione soggettiva (sia corporeo-gestuale sia mentale) della strumentazione, nonché, ovviamente, il rapporto fra specifica redditività della nuova tecnologia e policies degli enti decisori e dei soggetti attuatori. In questi orizzonti di riferimento lo smart working si appalesa, quindi, come una forma di vita peculiare da scandagliare in termini antropologici e di storia sociale, per indagare e portare alla luce le relazioni costitutive ed operative di una vera e propria `forma di vita¿, grazie all¿apertura di due campi di ricerca etnografica, una grossa struttura amministrativa pubblica e una azienda ICT quotata.
Vi sono due questioni in particolare ad urgere: da un lato, il rapporto fra produttività e reddito; dall¿altro il rapporto fra lavoro e solidarietà. Per il primo punto, recenti interventi (Brynjolfsson E., McAfee A., La nuova rivoluzione delle macchine, 2015) sottolineano il fatto che la crescita esponenziale delle nuove tecnologie produce un¿ondata di innovazione a basso costo, ma anche una tendenza al crollo del reddito. L¿odierno scollegamento fra produttività e lavoro concerne il secondo punto, la solidarietà. La letteratura critica registra una generale tendenza a non ridurre le `risorse umane¿ (o `capitale umano¿) a mera funzione economica e a recuperare invece il contesto delle relazioni sociali nell¿ambiente lavorativo. Tra tali caratteristiche emerge in particolare il ruolo della `fiducia¿, sia per l¿ipotesi della formazione di `meso-regioni¿ connesse da legami di solidarietà e `benessere¿, sia per la formazione di `comunità lavorative¿ tendenzialmente orizzontali, sia per l¿idea di un 'decent work' che promuova una competitività solidale diffusa. L¿idea di legare competitività e solidarietà significa superare la frammentazione della iper-specializzazione nonchè la subordinazione alle gerarchie della globalizzazione, e riaprire una nuova stagione di idee sulla dignità del lavoro, da non confinare ad elites, ma da rendere diffuso e attivo (manifesto ILO).
Sul rapporto fra aspetto tecnologico, socialità e intenzionalità umana, sono noti gli studi di B. Latour che ha fortemente insistito per una accezione relazionale del rapporto fra uomo e strumento (La scienza in azione, 1998; Politiche della natura. Per una democrazia delle scienze, 2000). Accanto a questa riconsiderazione `non orientalista¿ dello strumento, è da citare l¿inserimento del fattore ICT nell¿ambito sociologico, con la teoria di R. Florida, che sottolinea la triplice radice della creatività: la Tecnologia, il Talento, la Tolleranza (The rise of the creative class, 2002; Cities and the creative class, 2005). Le tre ¿T¿ stanno a indicare un capitale culturale esprimibile in tecnologia avanzata, formazione post-graduated e la capacità trasformare l¿abitare multiculturale in risorsa. Non sono mancate discussioni e severe critiche alla teoria, difficilmente generalizzabile. Essa ha però avuto il merito di fare avanzare le conoscenze sul rapporto fra tecnologie, professioni e spazi urbani, preparando il passaggio dalla `innovazione¿ alla `creatività¿ come `smart-ness¿ (sul cui inquadramento generale, cfr. Camagni R., Piano strategico, capitale relazionale e community governance, 2003; Caragliu A. et alii, Smart Cities in Europe, 2009; Bonomi A., Masiero R., Dalla Smart City alla Smart Land, 2013; Batty M. et alii, Smart cities of the future, 2012; Albino V. et alii, Smart Cities: Definitions, Dimensions, Performance and Initiative, 2015).
Dal punto di vista antropologico e storico, e negli obiettivi della presente proposta di ricerca, il compito principale consiste nel legare la dimensione della creatività/smartness all¿impianto della storia sociale e alla `anthropology of organization¿ (Corsin Jimenez, A., ed., The Anthropology of Organisations, 2007; Garsten, C., Nyqvist, A., eds., Organisational Anthropology, 2013), sia per la versione `sociale' delle culture delle organizzazioni (Wright, S, The Anthropology of Organizations, 2004), sia per la questione del management (Luthans, F., et alii, Reclaiming ¿Anthropology: The forgotten behavioral science in management history¿, 2013), sia per il ruolo `narratologico¿ del Sé (Czarniawska-Joerges, B., Narratives in social science research, 2004).
Alla base della dimensione dello smart working (su cui, in overview, vedi Lake, A., The Smart Working Handbook, 2011) avviene, senz¿altro, un denso incontro fra lavoro e ICT, come risultato di ¿processi creativi¿ intimamente legati alla soggettività delle persone, di cui vedi begli esempi in Hakken D., Computing and Social Change, 1993 e Dirksen, V., Socialization and Reputation in Virtual Corporate Spaces, 2005.
La ricerca vuole sondare l¿attuale `sommovimento¿ operato dallo smart working, tentando di rileggere le attuali stagioni di ricerca sulla smartness e sulla creatività in termini di analisi della forma di vita dei soggetti che nella strumentazione costituiscono relazioni complesse - in alcuni casi del tutto nuove - fra ambiente lavorativo e ambiente domestico, con trasformazione del clima/contesto lavorativo, del rapporto fra motivazione al lavoro, nonché fra sfera occupazionale ed esistenza privata. A tale fine, sondare ambienti lavorativi che usano un regime ICT in condizioni normali oppure in condizioni eccezionali (o vicarianti), costituirà un momento centrale per individuare i punti nodali della diversità fra atmosfera lavorativa, ruolo del Sé e ambito della vita privata, concorrendo alla discussione del più generale tema circa la natura e funzione del lavoro nelle coordinate generali delle società della conoscenza.