La cittadinanza dell’Unione Europea. Prospettive di sviluppo

02 Pubblicazione su volume
Papa MARIA IRENE

L’introduzione della cittadinanza europea ha segnato il tramonto dell’impostazione selettiva e settoriale dell’originario progetto di costruzione europea confinato in ambito prevalentemente economico, e avviato un percorso in cui l’individuo, non più visto solo come un fattore produttivo ma nella pienezza della sua persona, viene messo al centro di un ben più complesso e ambizioso disegno di natura politica. Tuttavia, per lungo tempo, proprio il contenuto dell’istituto, e in particolare, la debolezza – per alcuni addirittura inconsistenza – dei diritti garantiti (soprattutto se messi in rapporto alle ambizioni sottese al ricorso alla nozione di cittadinanza) hanno fatto parlare della cittadinanza dell’Unione come di un mero simbolo privo in realtà di riflessi sostanziali rilevanti. Ciò nonostante, partendo da un dato normativo apparentemente poco significativo, la nozione ha poi conosciuto, grazie soprattutto all’intervento della Corte di giustizia, un progressivo arricchimento del suo contenuto concreto. Il Trattato di Lisbona ha proseguito nella costruzione di tale status fondamentale. Innanzitutto, va rimarcata una più diffusa presenza nel testo dei Trattati, e dunque un maggiore rilievo quantomeno simbolico, della nozione. Ma i cambiamenti più consistenti attengono alle nuove possibilità di partecipazione del cittadino alla vita democratica dell’Unione e all’inserimento nei Trattati della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (c.d. Carta di Nizza), cui l’art. 6, par. 1, TUE riconosce ora valore di diritto primario.

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