Quali valori e quale bellezza per l’architettura italiana nell’epoca della comunicazione globale? Questa è la domanda che fa da sfondo al volume. L’intenzione è quella di scomporre strumentalmente la complessità dell’argomentazione attraverso il ricorso a questi due termini, ambigui, sfuggenti e per certi versi difficilmente separabili l’uno dall’altro: la bellezza, infatti, non è forse un valore in sé stessa? E nell’evidenza di un valore di riferimento non si realizza, implicitamente, l’epifania del bello nell’opera?