La Scuola di Applicazione Giuridico-Criminale di Roma, tra didattica e ideologia (1911-1931)
Gli studi storici in materia di diritto e processo penale italiano sono stati tradizionalmente i meno frequentati, essendosi la dottrina più risalente dedicata con maggiore cura alla storia del diritto e del processo civile. A partire dai contributi seminali di Mario Sbriccoli (v. ad esempio Sbriccoli, M., La penalistica civile. Teorie e ideologie del diritto penale nell'Italia unita [1985], ora in Storia del diritto penale e della giustizia. Scritti editi e inediti (1972-2007), Milano, 2009, vol. I, 493 ss.), giuristi e storici di vaglia hanno però approfondito con crescente attenzione i più importanti punti di svolta che, a partire dal processo di unificazione, hanno caratterizzato la nascita del sistema penale contemporaneo. Tra i contributi più recenti (v., ad esempio, Marchetti, P., Testis contra se. L'imputato come fonte di prova nel processo penale dell'età moderna, Milano, 1994; Rosoni, I., Quæ singula non prosunt collecta iuvant. La teoria della prova indiziaria nell'età medievale e moderna, Milano, 1995; Miletti, M.N. (a cura di), Riti, tecniche, interessi. Il processo penale tra Otto e Novecento, Milano, 2006; Marchetti, P., Le "sentinelle del male". L'invenzione del criminale nemico della società tra naturalismo giuridico e normativismo psichiatrico, in Quad. fior. st. pens. giur. moderno, 2009, 38, 1009 ss.; Caprioli, F., La disciplina delle prove penali nel codice del 1913: un modello "empiricamente reazionario"?, in Corte d'Assise, 2011, 2, 507 ss.; Colao, F., Caratteri originari e tratti permanenti del processo penale dal codice "moderatamente liberale", al codice "fascista", al "primo codice della Repubblica", in Giustizia penale e politica in Italia tra Otto e Novecento. Modelli ed esperienza tra integrazione e conflitto, a cura di F. Colao, L. Lacché e C. Storti, Milano, 2015, 181 ss.), la dottrina si è occupata in modo particolare dei maggiori quesiti a carattere per così dire ordinamentale: i rapporti tra il c.d. "doppio livello di legalità", quella ordinaria dei delitti comuni e quella emergenziale dei delitti politici, e le ideologie politiche dominanti nello Stato liberale e nello Stato fascista; il dilemma tra l'adozione di un giudice togato anziché laico come riflesso della dialettica tra diritto, "scienza", e opinione pubblica nel processo penale; la struttura dell'apparato di prevenzione e repressione del crimine di marca ottocentesca, privo di una cultura dei diritti fondamentali, nell'affermazione dello Stato costituzionale; i riverberi delle principali rivoluzioni epistemologiche che hanno accompagnato l'epoca moderna sulle tecniche di accertamento penale. Non sono mancati, però, approfondimenti orientati anche alla metodologia e alla didattica del diritto e della procedura penale (v., ad esempio, Garlati, L., La scienza e la legge. L'insegnamento del diritto penale nell'Italia post unitaria, in Insegnare diritto penale e diritto processuale oggi. Che cosa, perché, come, a cura di F. Ruggieri, Pisa, 2019, 21 ss.; Miletti, M.N., Da una cattedra che non c'era. La didattica processual-penalistica nell'Italia liberale, ivi, 51 ss.; Orlandi, R., L'insegnamento della procedura penale: cosa, come e a chi insegnare, ivi, 167 ss.; Miletti, M.N., Dall'ancillarità alla separazione. La procedura penale nella scienza giuridica italiana tra Otto e Novecento, in Diritto e processo penale fra separazione accademica e dialettica applicativa, a cura di L. Foffani e R. Orlandi, Bologna, 2016, 5 ss.), nella convinzione che proprio nella metodologia e nella didattica si riflettessero, in accordo al modello c.d. humboldtiano di accademia-laboratorio, opzioni culturali e ideologiche di più largo respiro.
La presente ricerca si situa pertanto a cavallo tra le due linee di indagine, tentando di ricongiungere le riflessioni sulla didattica e la metodologia a quelle di carattere storico e istituzionale, per osservare, nell'approccio all'insegnamento, l'identità del giurista "di scuola", che si voleva alla guida dell'apparato istituzionale. Trattandosi di uno studio che concerne una realtà scientifica, quella della c.d. "Scuola positiva" di diritto penale, del tutto italiana, non è presente un àmbito internazionale di riferimento nel quale inquadrarlo: è anzi a partire dagli studi dei componenti della "Scuola positiva" che, per lo più per reazione, si sono andate sviluppando teorie criminologiche più raffinate, in Francia, Inghilterra, e Stati Uniti. L'importanza del presente progetto si misura però in base alla sua capacità di cogliere le matrici concettuali entro le quali le riflessioni sulla devianza, l'accertamento processuale, e il ruolo della scienza nel processo si sono andate sviluppando prima e dopo gli anni '30 del Novecento.