La "legge 28 dicembre 2015, n. 208, comma 790: Codice Rosa"
Il saggio ripercorre la storia della norma conosciuta come ‘Codice rosa’, divenuta nel corso dell’iter legislativo «Percorso di tutela delle vittime di violenza» varata nella XVII Legislatura, nell’ambito
della più ampia strategia del contrasto alla violenza di genere portata avanti dal governo, e dal Parlamento con un più ampio consenso di forze. La ricerca mette a fuoco, progressivamente, il contesto storico politico nel quale la norma ha preso forma: il balzo in avanti della rappresentanza di genere nelle Assemblee elettive, avventa nel 2013, la mobilitazione civile contro la violenza di genere, i dati emersi a seguito delle indagini ISTAT sulle violenze , il varo della “Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica” (Convenzione di Istanbul) e il successivo adeguamento normativo.
Un’indagine condotta dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) - Violence against women across the EU: abuse at home, work, in public and online -, presentata dalla Commissione FEMM del Parlamento Europeo nel 2014 afferma: “la maggior parte delle donne non denuncia e non si sente incoraggiata a farlo dai sistemi, che spesso non vengono considerati di aiuto”, inoltre non in tutti paesi è “culturalmente accettabile rivelare ad altre persone, inclusi gli intervistatori coinvolti nelle indagini la violenza subita”. Precisamente quel che accade in Italia: solo il 30% delle donne condivide con qualcuno l’esperienza vissuta, e solo il 10% arriva a denunciare. Il 90% delle donne che hanno subito violenza, nel nostro paese, dunque, non entra in contatto con il sistema giudiziario o con altre
istituzioni e servizi. La violenza resta un fatto privato e tollerato.
Viene poi indagato specificamente il tema dell’emersione del fenomeno e la discussione parlamentare intorno alle strategie da adottare, sotto il profilo giuridico, politico e linguisticoo, chiarendo come si è arrivati ad identificare nell’esperienza toscana di ‘Codice Rosa’ la più idonea. Il percorso consiste in una task force ideata per rispondere a queste esigenze ha la forma di una rete: un coordinamento tra istituzioni e competenze – operatori sanitari, forze dell’ordine, sistema giudiziario, associazioni e centri – finalizzato a dare una risposta efficace alle vittime già dall'arrivo in Pronto soccorso. I risultati sono sorprendenti: da due casi in tre anni, registrati prima dell'avvio del progetto, si passa a 307 nel primo anno a 500 nel secondo. Nel 2014 Codice Rosa viene adottato a livello regionale consentendo la presa in carico di oltre 18.000 persone: il protocollo toscano assume velocemente valore esemplare grazie alla sostenibilità e ai risultati acquisiti: dal 2012 diversi ospedali italiani, dalla Liguria alla Sicilia, chiedono di adottarlo in coordinamento con le altre istituzioni. Si è proceduto così, in via parlamentare ad istituire il Percorso di tutela delle vittime di violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti (stalking) attraverso un emendamento presentato alla legge di bilancio per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) poi fatto proprio dalla Commissione Giustizia e successivamente ratificato dall'Assemblea. Dopo un intenso lavoro parlamentare istruttorio, la norma è entrata in vigore come comma 790 della legge citata. Si è definita così una nuova modalità di accesso e presa in carico alle strutture ospedaliere con la finalità di tutelare le persone colpite, affinché ricevano rapidamente soccorso e forme di assistenza adeguata. La misura, oltre a garantire alle vittime assistenza e protezione, è al contempo funzionale all'acquisizione di elementi utili per risalire al responsabile dei reati. Sotto il profilo legislativo, l’emendamento agisce in attuazione dei principi della direttiva 29/2012/UE del Parlamento europeo e del Consig