Retoriche del conflitto: Albertano da Brescia e Iacopone da Todi
In Italia, il basso Medioevo è contraddistinto da una conflittualità costante e trasversale: la mobilità sociale
che caratterizza il periodo di iniziale costituzione e sviluppo dell'istituzione comunale genera dinamiche di
rivalità tra ceti emergenti ansiosi di accaparrarsi o preservare i propri privilegi. Gli attriti sociali si sommano
agli aspri contrasti politici tra fazioni, tumulti intestini che si innestano nell'àmbito delle guerre tra comuni
concorrenti per la supremazia e l'espansione territoriale. In questo clima di profonda tensione, l'impiego della
retorica ciceroniana nelle diatribe politiche costituisce un'arma efficace nella negoziazione diplomatica dei
fragili equilibri tra le forze in gioco per la conquista del potere. Scopo del mio intervento sarà indagare le
modalità con cui le dottrine codificate nei trattati di Cicerone (in primis nel De inventione) siano state
impiegate nella comunicazione politica duecentesca ai fini della gestione pacifica dei conflitti. Inoltre, si
osserverà come il clima di conflittualità collettiva si riverberi inevitabilmente sull'individuo, che cerca
risposta ai suoi dissidi interiori in trattati edificanti che mostrino la strada verso la conquista dell'equilibrio
interiore e interpersonale, come il De doctrina loquendi et tacendi del causidico Albertano da Brescia. Si
intende esaminare, a tal proposito, il rapporto che intercorre tra l'opera albertaniana e la laude 77 di Iacopone
da Todi, Omo che pò la sua lengua domare.