I poteri innominati degli arbitri
Il tema si situa tra gli effetti del contratto che le parti concludono con gli arbitri: un contratto con cui questi si obbligano a decidere la controversia nell’osservanza delle prescrizioni delle parti e delle norme che disciplinano la loro attività di cognizione e giudizio.
Dei poteri “impliciti” o “inerenti” si rintracciano esplicazioni nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e nella giustizia costituzionale. Si dice che essi abbiano radici nella giurisprudenza di common law ripercorse dalla Suprema Corte federale degli U.S.A. Sono potestà insite nell’esercizio della funzione giudicante, non risultanti da una esplicita prescrizione, e per questo “innominate”, ma ricavabili dalle finalità per cui un dato potere è attribuito. Sono, dunque, poteri esercitabili d’ufficio.
Il contributo, dopo aver affrontato il fondamento e l’esercizio dei poteri degli arbitri, esamina i poteri innominati relativi al procedimento e alla decisione, approfondendo l’accertamento della validità dei patti sul procedimento, sulle prove, sull’istruttoria, e, in particolare, sulla consulenza d’ufficio. Da ultimo si sofferma sull’arbitrato irrituale, nella consapevolezza che le questioni alimentate dai poteri “impliciti” si atteggiano diversamente a seconda che ineriscano ad arbitri rituali o ad arbitri irrituali, benché tutti i lodi arbitrali rappresentino soluzioni decisorie ma negoziali, sia pur non negoziate, di una lite.