Leopardi, Kavafis e il mondo antico

04 Pubblicazione in atti di convegno
Bintoudis Christos

L’intervento mette in evidenza alcune analogie nel modo in cui i due poeti, a partire dai primi anni della loro carriera letteraria, riflettono sul concetto di antichità e di mondo antico e sulla funzione che quest’ultimo potrebbe assumere nell’epoca e nelle società moderne.
In effetti, particolarmente significativo risulta il fatto che sia in Leopardi sia in Kavafis la scoperta del mondo antico parte da una riflessione sulla filologia e sulla traduzione come strumenti in grado di garantire la trasmissione dell’eredità antica al mondo moderno. Presto però entrambi i poeti prendono coscienza della scomparsa definitiva del mondo antico; ciò li conduce a una crisi letteraria, filosofica ed esistenziale per molti aspetti affine che lascerà un segno ineludibile sulla loro opera.
La cosa più interessante riguardo al rapporto tra i due poeti, però, è la maniera analoga in cui affrontano questo periodo di crisi nonché le conclusioni filosofiche cui approdano. Per entrambi, soprattutto nell’ultima fase della carriera letteraria, queste conclusioni assumono il carattere di uno studio prettamente antropologico sulla possibilità e la capacità dell’uomo moderno di concepire la propria felicità nel presente, in confronto e in antitesi con quella dell’uomo antico. In effetti, la cosiddetta Teoria del piacere di Leopardi trova un’applicazione sorprendentemente perfetta nell’opera più matura di Kavafis, soprattutto dopo il 1911 (anno di composizione di tre poesie importanti per il nostro discorso: Il dio abbandona Antonio, Itaca e Ionica); questo ci permette di parlare non semplicemente di influenze tra due poeti ma di un rapporto letterario, culturale e filosofico che presenta affinità di interesse antropologico per il Novecento ma anche per il 21° secolo appena iniziato.

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