Il progetto Il mondo è pieno di dèi affronta per la prima volta, in una prospettiva nuova, lo studio del politeismo nella religione greca. Il titolo è tratto da un passo attributo a Talete (fr. 11a22 D.K.), il grande filosofo milesio attivo tra la fine del VII e la prima metà del VI sec. a.C. In verità, il termine "polytheos" ricorre per la prima volta molto più tardi, negli scritti di Filone Alessandrino, uno scrittore giudaico di lingua greca attivo nella prima età imperiale (De decalogo, 65; De mutatione nominum 205). Nei suoi scritti, il termine, con una connotazione dispregiativa, è usato in antitesi a monoteismo, intesa quale unica e vera religione. Ma cosa si intende esattamente con politeismo? Il termine indica un sistema religioso fondato su una pluralità di esseri divini. La definizione, apparentemente semplice, adombra una realtà piuttosto complessa. La domanda di fondo è: in che modo una religione politeista era nel concreto vissuta dagli antichi? Come era gestita la pluralità di dèi di cui si componeva il loro credo religioso? Superate le visioni di matrice evoluzionista del XIX secolo, la discussione moderna sul tema si avvale di importanti contributi di antropologi e di storici della religione. Ne risulta che il politeismo è lungi da essere semplicemente un'addizione di singoli monoteismi, un mero "sistema a più dèi". È piuttosto un sistema dinamico e articolato, in cui le singole personalità divine sono legate tra loro da relazioni flessibili e mutevoli: il nesso può derivare da un legame di parentela tra le divinità o da specifiche funzioni, o ancora da nessi di complementarietà/opposizione tra esse. Curiosamente il tema, ambito privilegiato di studi storici e antropologici, non è ancora indagato compiutamente in una prospettiva archeologica ed epigrafica. Quale contributo archeologia ed epigrafia possono dare alla comprensione di un assetto religioso complesso e pluristratificato? Quali sono gli indicatori utili di cui ci si può avvalere?