Le mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 sembrano influenzare la fertilità femminile, oltre ad aumentare il rischio di carcinoma ovarico e mammario.
I dati presenti oggi in letteratura sulla riserva ovarica delle donne BRCA mutate non sono ancora chiari e ben delineati.
Dati preclinici, basati sul livello sierico di ormone antimulleriano (AMH), sul conteggio dei follicoli primordiali e sulla minore resa degli ovociti dopo la stimolazione ovarica, evidenziano la possibilità per le donne BRCA mutate di avere una ridotta capacità riproduttiva legata ad una ridotta riserva ovarica e ad una conseguente menopausa precoce.
Anche la necessità nella popolazione sana di eseguire la chirurgia profilattica (ovariecto-salpingectomia) per la riduzione del rischio aumentato di insorgenza di carcinoma mammario e ovarico pone la necessità in queste donne di valutare quale sia la loro fertilità residua e attuare dei piani di preservazione della stessa.
Inoltre, alcuni studi hanno suggerito che la stessa presenza di una mutazione genetica a carico dei geni BRCA 1 e BRCA 2 possa giustificare la ridotta riserva ovarica, poiché la mutazione è legata al mancato riparo del DNA con presenza di accumulo di errori dello stesso, promuovendo l'apoptosi degli ovociti.
D'altra parte studi più recenti hanno riportato differenze non significative nel livello sierico di AMH o nei risultati riproduttivi tra pazienti BRCA mutati e non mutati.
Attualmente non esistono delle linee guida per la gestione della fertilità nelle donne portatrici di mutazioni BRCA e i principali studi oggi presenti in letteratura evidenziano diversi risultati nella stima delle gravidanze nelle donne BRCA mutate vs wild type. I risultati sono estremamente eterogenei e non conclusivi, pertanto si rende necessario uno studio italiano su larga scala finalizzato a valutare in maniera retrospettiva se nella popolazione BRCA mutata sia descrivibile un andamento della fertilità.