Sviluppi convergenti nella morfologia indoeuropea: codifica dei modificatori nominali

Anno
2017
Proponente Artemij Keidan - Professore Associato
Sottosettore ERC del proponente del progetto
Componenti gruppo di ricerca
Componente Categoria
Claudia Angela Ciancaglini Componenti il gruppo di ricerca
Componente Qualifica Struttura Categoria
Sara Kaczko RTDA Sapienza Università di Roma - Scienza dell'Antichità Altro personale Sapienza o esterni
Alessandro del Tomba Dottorando Sapienza Università di Roma - Scienze Documentarie, Linguistico-Filologiche e Geografiche Altro personale Sapienza o esterni
Corinne D'Antonio Dottorando Sapienza Università di Roma - Istituto Italiano di Studi Orientali Altro personale Sapienza o esterni
Abstract

L'indoeuropeo ricostruito, come è noto, non possedeva una classe di aggettivi morfologicamente marcata. I modificatori del nome erano dei nomi a loro volta, usati come complemento o come apposizione. Invece, molte delle lingue storicamente attestate hanno sviluppato una morfologia specifica per codificare i modificatori di una testa nominale. Benché le soluzioni concrete siano state diverse, vi si scorge chiaramente una tendenza generale, che può essere considerata un vero e proprio drift sapiriano, che si scinde in una serie di isoglosse morfologiche convergenti.

Le possibili linee di sviluppo sono due. Nella prima ipotesi (che costituisce l'"Area tematica I") alcune costruzioni sintattiche governate da pronomi vengono gradualmente trasformate in marche morfologiche dei modificatori nominali. Così, la frase relativa retta dal pronome "che/il quale" o anche la frase paratattica retta dal pronome indicativo "quello/colui", passando attraverso lo stadio di frase nominale (con la perdita della copula) e poi acquisendo l'accordo con l'antecedente nominale, si trasformarono gradualmente in marcatori morfologici dei modificatori della testa nominale. I morfemi risultanti potevano essere diversi: specifiche desinenze aggettivali, articoli, l'ezafet persiano, ma la loro funzione, nonché l'origine, appaiono descrivibili come un unico drift.

Nella seconda ipotesi ("Area tematica II"), i marcatori morfologici innovativi dell'aggettivo vengono creati attraverso la rianalisi di morfemi derivazionali preesistenti. Il caso di studio è il suffisso indoeuropeo *-ko-, che ha avuto una formidabile diffusione in molti gruppi della famiglia indoeuropea, e quasi ovunque ha sviluppato una funzione di tipo aggettivale (visto che spesso rappresentava l'estensione dei preesistenti temi "aggettivali" in -i- e -ú-).

Lo scopo del progetto è quello di individuare tutte le lingue in cui si manifestano i due sviluppi sopra descritti e di descriverli come un processo diacronico unitario.

ERC
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