L'obiettivo del presente progetto è quello di individuare possibili precursori sismici a partire dal monitoraggio idrogeologico, idrogeochimico, geodetico e sismico del territorio. Il ciclo sismico, infatti, è accompagnato da variazioni dello stato tensionale che diventano più intense alla fine del periodo intersismico. La modifica dello stress provoca variazioni nella migrazione dei fluidi; ci si possono quindi aspettare dei cambiamenti nella circolazione e nella geochimica delle acque sotterranee. Si ritiene che nel periodo intersismico la dilatazione del volume al tetto di una faglia normale, al di sopra della transizione fragile-duttile, provochi un aumento del volume dei vuoti, con un aumento della permeabilità a cui segue una diminuzione dei livelli piezometrici (fase intersismica); quando il volume interessato dalla dilatazione inizia a cedere, le fratture tendono a chiudersi e i fluidi ad andare in pressione, provocando un¿inversione del trend piezometrico (fase pre-sismica) che culmina nella fase cosismica. Per tale motivo, a fine 2015 è stata individuata come area di studio la piana di Sulmona; tale settore è stato interessato in passato da forti terremoti e si trova lungo il prolungamento tettonico a SSW delle faglie da cui si è enucleato il terremoto Mw 6.3 che colpi L¿Aquila il 6/4/2009 e del fascio di faglie esterne alla catena appenninica che hanno provocato la recente sequenza sismica di Amatrice-Norcia 2016. Inoltre, il territorio è caratterizzato da un basso valore di strain-rate indicativo di potenziali futuri terremoti. Ulteriori aree di indagine, ubicate nel Matese e nel Sannio, sono state oggetto di monitoraggio idrogeologico negli ultimi due anni, presentando risultati preliminari analogamente significativi, così come registrato anche nelle sorgenti dell'alto bacino del Fiume Nera (sorgente San Chiodo) in corrispondenza della sequenza sismica 2016-17.