L'architettura bolognese del Rinascimento ha da sempre goduto di minor fortuna critica rispetto a quella degli altri «centri del Rinascimento» - per usare la felice formula di André Chastel - come Roma, Firenze o Venezia. Il cinquantennio in esame, inoltre, presenta differenze sensibili tra i sotto-periodi che lo compongono, segnati dalle profonde trasformazioni in campo religioso, sociale, come pure della teoria e pratica artistica, seguite alla Riforma.
Da qualche decennio alcuni convegni o mostre hanno rilanciato la ricerca sulla storia della città, sui suoi principali monumenti e sui suoi committenti. Se inizialmente sono state privilegiate importanti fabbriche religiose come San Petronio o San Pietro, col tempo l'interesse si è rivolto anche ai principali palazzi cittadini, alle cappelle, alle infrastrutture viarie o idrauliche.
Manca ancora, tuttavia, una considerazione integrata dell'architettura, della decorazione pittorica e scultorea cittadina per i decenni centrali del secolo, compresi tra il 1530, data del celebre incontro tra Clemente VII e Carlo V, e il 1584, l'anno in cui i Carracci affrescano il piano nobile di palazzo Fava, cambiando per sempre la storia dell'arte figurativa non solo bolognese.
La ricerca intende affrontare questi decenni ricchi di fermenti e tendenze diverse, quando Bologna attira architetti e artisti forestieri che si stabiliscono per qualche tempo in città, lasciandovi importanti tracce della loro presenza e della loro attività.