Il progetto di allestimento della stazione S. Giovanni - linea c della metropolitana di Roma

04 Pubblicazione in atti di convegno
Grimaldi Andrea

La stazione S. Giovanni della Metro C di Roma.
Un esempio di virtuose sinergie.
Il mio intervento vuole presentare l’esperienza condotta dal sottoscritto assieme a F. Lambertucci
ed altri nell’ambito delle attività del Relab (Laboratorio di ricerca del DiAP, Sapienza università di
Roma) che partendo da una ricerca finanziata dal nostro ateneo nel 2012 ha condotto, tramite lo
strumento del conto terzi, alla progettazione in collaborazione con gli uffici tecnici di Metro C
dell’allestimento per la nuova linea del trasporto romano della stazione S. Giovanni.
Mi sembra interessante presentare questo lavoro per diversi motivi:
- il primo vuole mettere in evidenza il come si è giunti a questo risultato, il processo con il quale si
è arrivati alla realizzazione dell’opera; dalla ricerca universitaria alla partecipazione alla
progettazione e gestione dell’iter costruttivo con un importante ruolo di mediazione tra le istanze
della Soprintendenza archeologica e quelle della impresa aggiudicataria dell’opera.
- il secondo attiene invece al cosa si è fatto, al ruolo che come struttura universitaria si è avuto
nello sviluppo del progetto, ai significati, ai contenuti che si è riusciti ad inserire ed alle modalità
con le quali tali contenuti hanno preso forma e si sono fatti spazio, nonostante un sistema di
vincoli molto stringenti ed un complesso intreccio di saperi e competenze da portare a sintesi.
- un terzo motivo d’interesse e riflessione mi sembra scaturire degli esiti di questo nostro
impegno, dai commenti che ha suscitato nell’opinione pubblica; commenti registrati in presa
diretta in occasione delle aperture straordinarie, una per la presentazione dell’opera
all’amministrazione capitolina ed alla cittadinanza, una in occasione della manifestazione Open
House e una per la stampa estera. È stato un successo talmente generalizzato e trasversale da
non spiegarsi solo con la qualità del nostro operato. Ciò che abbiamo registrato e mi sembra
interessante portare all’attenzione del nostro consesso è la voglia di architettura pubblica che è
emerso. Voglia di architetture capaci di restituire interpretazioni identitarie dei luoghi,
rappresentazione delle nuove sensibilità estetiche ed espressione delle potenzialità
tecnologiche del nostro tempo ma al contempo capaci di riconoscere l’unicità della nostra storia
che in questo caso emerge dal sottosuolo. Architetture in cui l’attributo di spazio pubblico non è
forzatamente declinato al negativo (spazio pubblico = spazio di nessuno) ma si fa invece spazio
di orgogliosa appartenenza per gli abitanti.

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