Mediamorfosi digitali tra food e nuovi mercati dell’entertainment

02 Pubblicazione su volume
Gavrila Mihaela

Il processo di continua trasformazione, elaborazione, innovazione
che tocca il cibo e le sua rappresentazioni (si pensi
all’evoluzione quantitativa e qualitativa dei cooking show
e degli altri spettacoli di intrattenimento e fiction dedicati al
food) si applica ugualmente agli universi mediali, sollecitati
continuamente ad adattamenti e persino a re-concettualizzazioni
a livello teorico. Si pensi alla stessa evoluzione delle denominazioni dei contenuti e delle tecnologie che chiamiamo
in causa per parlare della tv, del cinema o della serialità
contemporanea. Categorie interpretative, neologismi e rielaborazioni
si succedono, si cannibalizzano e si sintetizzano
come in un laboratorio di cucina fusion o molecolare in
cui ingredienti e innovazione tecnologica contribuiscono a
far emergere nuovi prodotti, quasi irriconoscibili nella loro
identità originaria, ma dagli effetti altrettanto spettacolari e
persino amplificati.
Per studiosi come Judith Keilbach and Markus Stauff,
quello che sta accadendo obbliga all’adozione di nuovi strumenti
di analisi, che possano aiutarci a interpretare compiutamente
cambiamenti così radicali dell’universo mediale e
audiovisivo in particolare, analizzando i prodotti come fenomeni
da sottoporre a percorsi standardizzati di sperimentazione
e rinunciando a voler attribuire loro qualificativi
come tv, cinema etc.
[…] Considerati i suoi molti elementi costitutivi e la diversità
di pratiche, riteniamo che la televisione possa essere paragonata
meglio a un laboratorio o un “sistema sperimentale”, piuttosto
che a un singolo strumento/campo scientifico […]. Come tale,
essa non è solo lungi dall'essere auto-evidente, ma sta anche
subendo una costante riorganizzazione e riconfigurazione50.
La produttività di un sistema sperimentale è dovuta a
costanti processi di articolazione, dislocazione e re-orientamento,
che sono “governati” da un tipo di movimento che
può essere descritto come un gioco delle possibilità. Ciò significa che i “sistemi sperimentali” non esistono semplicemente
per risolvere i problemi, ma consentono anche la problematizzazione
di un oggetto o di un campo di conoscenza.
Come direbbe Foucault, questo consentirebbe la “trasformazione
di un gruppo di ostacoli e difficoltà in problemi a
cui attraverso le diverse soluzioni si tenterà di fornire una
risposta ” 52. Non c'è dubbio che l'attuale televisione, definita
da Amanda Lotz come “Post-Network”53 (così come il
cinema di nuova generazione) è più eterogenea, più difficile
da definire e persino soggetta a trasformazioni più dinamiche
rispetto ai tradizionali broadcaster. Tuttavia, concettualizzare
la televisione come sistema sperimentale porta a un
approccio leggermente diverso alle recenti trasformazioni:
dal momento che i confini tra audiovisivo online e tradizionale
sono più sfumati, le peculiarità della televisione “Post-
Network” diventano più ambivalenti se considerate come
“problematizzazioni” anziché semplici “caratteristiche” .
È in questo contesto interpretativo che va a posizionarsi
anche l’immaginario del gusto. Il cibo è sottoposto a sua
volta a repentini interventi tecnologici, a processi di rielaborazione
e innovazione, la sua centralità comunicativa e
sociale genera persino fenomeni estremi come l’ortoressia
(ossessione maniacale per i cibi sani) o la della vigoressia (l’ossessione per la perfezione del corpo)55, ma necessitano
di problematizzazioni anziché di semplificazioni.
E mentre il cibo, come la tavola, non si possono condividere
realmente nell’universo digitale, a fare da mediatori per
le esperienze facilitate dall’universo materiale sono i prodotti
culturali digitalizzati, come i testi televisivi multipiattaforma e
il cinema, portatori di sensazioni, emozioni, strategie di identificazione
tipiche dell’ecosistema simbolico mediato.

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