Gli “ostiensi ordinari” ad Ostia tra tarda Repubblica e primo Impero. Continuando una ricerca
In un articolo del 2012 scritto a quattro mani con Cecilia Ricci, dal titolo Memoria ed epigrafia. Il pauper a Roma nel I secolo d.C., un progetto in corso, comparso in Pyrenae, 43/1, 2012, pp. 7-45, si cercava di individuare, in ben precisi limiti di spazio e di tempo (la Roma del I secolo d.C.), le tracce di quella che Veyne aveva chiamato media plebs, prendendo come punto di partenza per la selezione quei monumenti sepolcrali che si imponevano per l'evidenza e la molteplicità dei messaggi che veicolavano. Volendo fornire un saggio dell'indagine, per il caso romano, si indagava la sola categoria di coloro che avevano operato, a vari livelli, nel mondo dello spettacolo. In considerazione della polemica che il saggio di Veyne aveva sollevato, ci rifiutammo allora di usare l'espressione media plebs e optammo piuttosto per l'uso del termine pauper, volendo indicare polemicamente quella fascia della plebs che di “medio”, in senso moderno, aveva poco o nulla.
Mentre l'indagine su Roma è ancora in corso, l'idea è invece in questa occasione di utilizzare come osservatorio del fenomeno la città di Ostia, prendendo come tipo di documentazione il materiale contestualizzato che viene dalla necropoli di Porta Laurentina e cercando di capire chi sia un ostiense ordinario.