La superficie dello spazio pubblico. Il lavoro “sul piano” nel progetto dei vuoti urbani
Il Saggio affronta il tema del “ritorno alla superficie” che impegna l’odierna progettazione dello spazio aperto urbano: una dimensione malvista dal pensiero moderno, la quale torna oggi ad assumere peso e ... “rilievo”. La superficie, l’orizzontale come la verticale, non è più lo spazio della capricciosa decorazione. Landscaping, texture, colorazioni, effetti tattili, visivi, sonori, sono oggi materiali strutturanti. Configurano azioni deboli dagli effetti forti. Il suolo, in particolare, è la “pelle” dello spazio pubblico, il suo volto. Promenade, piazze, slarghi, crocevia, tendono oggi a complessificarsi in prestazionalità e immagine, intensificando l’esperienza fruitiva. Indicano funzionalità specifiche, attraverso un design a palinsesti. Tirano le linee a terra dei giochi di squadra, tracciano le mappe d’installazione dei manufatti di arredo, alloggiano le reti tecnologiche, danno luce e aria ai sottosuoli, incorporano l’illuminazione. Come le facciate, anche i suoli moltiplicano la propria stratigrafia divenendo complessi congegni tecnologici e bioclimatici. Come pareti ventilate, pavimenti montati “a secco”. Come schermi verticali, brise-soleil e serigrafie a parete, così anche alti e bassi, ondulazioni e dislivellamenti, suoli tecnici, pavimenti galleggianti, reticoli plug-in, parterre verdi: dal second screen al ... second pavement!
Il testo ne illustra tecniche, sviluppi morfologici, fattibilità. Ne traccia un excursus di esempi dalla storia passata e recente.