Contributo allo studio della specializzazione del giudice. Profili evolutivi, nodi critici e prospettive future

03 Monografia
Farina Pasqualina

Il principio di specializzazione si sviluppa lungo due diversi binari che segnano il perimetro delle attribuzioni del giudice civile. Il primo, di natura pratico-organizzativa (o a rilevanza interna), attiene alla fondamentale esigenza di ripartire in maniera razionale le controversie tra i vari membri che compongono lo stesso ufficio giudiziario (sezioni). Il secondo, elevato a norma di rango costituzionale dall’art. 102, comma 2°, Cost., consente al legislatore ordinario – senza derogare al principio di unità della giurisdizione – di istituire «presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura». Si presume, infatti, che le decisioni di un giudice ‘specializzato’ si caratterizzino per una maggiore celerità e per una migliore qualità rispetto a quelle rese da un giudice che si occupi indifferentemente di controversie di vario oggetto. I vantaggi della ‘specializzazione’ dovrebbero dunque riconoscersi in una «migliore» efficienza dell’amministrazione giudiziaria e ciò, tanto in relazione all’astratto principio della ragionevole durata del processo, quanto in termini di certezza ed uniformità della giurisprudenza. Le diverse normative con cui sono stati istituiti (e poi via via modificati) i numerosi giudici specializzati si presentano tuttavia frammentarie, disorganiche (e in alcuni casi incostituzionali). In difetto di una specifica disciplina in seno al codice di procedura civile, il presente studio si propone di ricondurre in una chiave unitaria le linee teorico-sistematiche del principio di specializzazione.

© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma