Democrazia e potere economico

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Benvenuti Marco
ISSN: 2039-8298

È un anno di ricorrenze quello che stiamo vivendo, ma non per questo di celebrazioni. Cadono settant’anni dall’approvazione della Costituzione repubblicana, sessanta dalla sottoscrizione del Trattato di Roma, venticinque da quella del Trattato di Maastricht, dieci da quella del Trattato di Lisbona. Il plesso dei rapporti tra la democrazia e il potere economico, oggetto di questa relazione, investe ciascuno di quei documenti giuridici, considerati ora in sé, nella loro attitudine a dar corpo ad un ordinamento giuridico determinato, ed ora per sé, nelle vicendevoli e mutevoli interrelazioni che ne sono scaturite nel corso di oltre mezzo secolo di esperienza giuridica.
La presente trattazione si svolgerà in tre tempi. In una prima parte, il tema della democrazia e del potere economico sarà centrato sull’ordinamento statale. All’interno di questo, si apprenderà lo sforzo incessante prodotto dalla Carta repubblicana per avvicinare i due termini della relazione, attraverso un processo dinamico di integrazione tra sfere precedentemente caratterizzate come separate e distinte (infra, § 1.1). Seguendo questa prospettiva, si affronterà un aspetto specifico della combinazione tra la democrazia e il potere economico, dato dalla previsione della collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, di cui all’art. 46 Cost. Si tratta, com’è noto, di una disposizione costituzionale non solo rimasta inattuata, ma anche ritenuta ambigua, poco perspicua e perciò in qualche modo destinata all’oblio. Non è questa l’opinione che si intende qui formulare. Laddove, infatti, si riuscisse a dimostrare la perdurante, se non accresciuta, attualità di tale enunciato così poco considerato in sede legislativa, giurisprudenziale e dottrinale, ciò potrebbe valere a gettare una luce nuova, ed anche in qualche modo complessiva, sulle potenzialità rimaste ancora inesplorate della Carta repubblicana proprio nei confronti del tema qui trattato (infra, § 1.2). Sulla scorta di tali considerazioni, si passerà quindi a tratteggiare il ruolo connettivo della dimensione sociale nell’orizzonte costituzionale italiano, posta al crocevia tra la sfera politica e la sfera economica e alle quali la prima risulta in più di un luogo espressamente affiancata. Questa dimensione, declinata nel diritto costituzionale in una chiave ora soggettiva (sotto forma di diritti sociali) ed ora oggettiva (in particolare, nella disciplina costituzionale dell’economia), costituisce la risultante di una visione della società non assunta come un aliquid datum, ma investita da un progetto di trasformazione complessiva, in cui la democrazia e il potere economico vicendevolmente si compenetrano (infra, § 1.3).
Proprio la considerazione della dimensione sociale, per come questa viene riguardata all’interno del diritto statale, consentirà in una seconda parte di volgere lo sguardo all’Unione europea, con riferimento, in primo luogo, all’attuale previsione dell’“economia sociale di mercato”, di cui all’art. 3, § 3, co. 1, TUE. Tuttavia, tanto una disamina genealogica di tale formula, quanto la sua esplicitazione all’interno dei Trattati, quanto ancora la sua recente utilizzazione giurisprudenziale farà emergere una fondamentale alterità del concetto di sociale nel diritto sovranazionale rispetto a quello stilizzato nella trama costituzionale italiana e, dunque, un altro modo di intendere i rapporti tra la democrazia e il potere economico (infra, § 2.1). Al fine di illustrare tale assunto, si tratterà più nel dettaglio una delle c.d. quattro libertà, la libertà di circolazione dei capitali, disciplinata agli artt. 63 ss. TFUE, in quanto essa, dopo un impetuoso sviluppo normativo occorso a partire dagli anni ottanta del Novecento, si caratterizza per la sua evidente incidenza sulla sfera economica e, ad un tempo, per l’insuscettibilità di qualunque sua prospettazione in chiave sociale (infra, § 2.

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