Arbitrarietà e embodiment: una lettura critica della embodied cognition

02 Pubblicazione su volume
Diodato Filomena

La semantica cognitiva di seconda generazione si sviluppa attorno alla nozione di embodiment. La tesi del radicamento delle strutture concet-tuali nella costituzione fisica dell’uomo denuncia i limiti delle teorie tradizionali che intendono il linguaggio come un dispositivo cognitivo autonomo, o che definiscono il significato come la relazione tra espres-sioni linguistiche e realtà. Questo lavoro intende fornire una lettura critica delle teorie dell’embodiment, a partire da due evidenze. La prima è che l’approccio embodied è una reazione alla teoria chomskiana del linguaggio, che, sulla base della metafora mente-computer, traccia una distinzione netta tra il corpo (hardware) e la mente (software). L’ipotesi dell’embodiment dialoga, dunque, quasi isolatamente con il chomskismo e con le teorie a esso connesse, conservandone l’orientamento internalista e ignorando lar-gamente gli apporti teorici ed epistemologici di altri approcci seman-tici, quale quello linguistico-filosofico, nel quale pure c’è stato e c’è lo spazio per una discussione meno riduzionista dei rapporti tra natura e cultura (cfr. Gambarara 2012), o quello della filosofia del linguaggio ordinario, che riflette sulle funzioni pragmatiche del linguaggio, giungendo a definire il significato come uso (Wittgenstein 1953; Au-stin 1962; Grice 1989). La seconda evidenza è che, pur affermando l’ipotesi del radicamento fisico e corporeo delle strutture concettuali, le semantiche embodied non riconoscono un vero ruolo cognitivo al lin-guaggio, che è normalmente definito – come nella prospettiva chomskiana (cfr. Cimatti 2004) – uno strumento progettato per l’espressione del pensiero, ovvero un insieme di etichette foniche associate con-venzionalmente alle soggiacenti strutture concettuali.

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