Inquilinus sine domo, hospes sine hospitio. La comunità donatista di Roma e il suo contesto

01 Pubblicazione su rivista
Canella Tessa
ISSN: 0393-8417

A partire dalla descrizione che Ottato di Milevi fornisce della comunità
donatista romana e provando a discernere quanto di letterario e di retorico
vi sia riconoscibile anche rispetto ad altre fonti disponibili, questo saggio
intende delineare una fisionomia dei seguaci di Donato nell’Urbe, soprattutto
rispetto alla loro presenza nello spazio urbano. Sembra possibile infatti
individuare uno specifico nel discorso antieretico relativo ai gruppi presenti
a Roma, soprattutto per quanto riguarda il controllo dei luoghi sacri: fra le
differenti comunità interecclesiali era oggetto di contesa l’eredità apostolica
dei rispettivi vescovi, e anche il possesso o l’utilizzo dei trofei degli apostoli,
che nella retorica antieretica segnava la differenza fra comunità legittime e
illegittime. Proprio la presenza delle memoriae apostolorum, assieme alle
tracce di frequentazioni africane e all’abbondanza di santuari ipogei, fra
i quali il vicino cimitero di Callisto con la commemorazione di Cipriano di
Cartagine, inducono a individuare nella zona del iii miglio della via Appia
un luogo particolarmente sensibile dal punto di vista religioso e significativo
per la memoria culturale del gruppo. L’utilizzo di santuari martiriali in
alternativa alle basiliche titolari romane è confermato dalle fonti sui gruppi
marginali dell’Urbe del IV secolo inoltrato, in cui il posizionamento delle
varie comunità religiose e l’occupazione dei differenti luoghi di culto giocarono
un ruolo non indifferente nella gestione degli equilibri di potere: i
provvedimenti imperiali spesso associano i donatisti con le altre comunità
dissidenti, vietando non tanto il possesso di luoghi ufficiali quanto la capacità
di riunione a Roma e nel suo hinterland

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