Il percorso e la stasi. La rappresentazione tra linea e superficie

04 Pubblicazione in atti di convegno
CARLEVARIS, L.

Che le immagini oggettive rappresentino un tentativo di riprodurre la visione umana fermandola per congelare il tempo oppure no, il processo rappresentativo sembra avere molto in comune con il modo in cui il soggetto osservante usa il suo sguardo mentre si muove nello spazio o quando si ferma. Questo contributo indaga la possibilità di associare il movimento e la stasi con due modalità di rappresentazione compresenti da sempre, per
verificare se, nel corso della storia, il disegno basato sulla descrizione delle linee di contorno dei volumi può essere associata con il movimento, e la resa luminista e chiaroscurale dei corpi con la stasi e la riflessione.
Tutto sommato, questo gioco che lega le coppie movimento-linea e stasi-colore/superficie/luce/materia risulta ben poco originale: probabilmente radicato nell’antichità, per quanto non dichiaratamente, questo rapporto è stato preso in considerazione negli ultimi centocinquant’anni, quando è stato affrontato esplodendo i limiti della rappresentazione e provando a rimetterne insieme i pezzi in una logica diversa, dove le dimensioni
potevano essere aggiunte o sottratte. Si pensi, ad esempio, alla Flatlandia di Abbot da una parte, al Planiverso di Dewdney dall’altra.
L’aggiunta o la riduzione delle dimensioni dello spazio sono operazioni strettamente legate alla nascita delle geometrie non euclidee, che, mettendo in discussione lo spazio euclideo, aprivano nuovi orizzonti alla geometria e alla rappresentazione scientifica (in seguito anche digitale).
In realtà, mettere in relazione i codici della rappresentazione con il modo in cui ci muoviamo nello spazio non è operazione del tutto nuova. Occupare lo spazio e muoversi in esso costituiscono, in fondo, esperienze così lontane quella estetica. Nel suo Walkscapes, Careri scrive: «il camminare, oltre ad essere un’azione, è anche un segno […]. Il mondo diventa allora un immenso territorio estetico, un’enorme tela su cui disegnare camminando». Chiaramente, qui si opera una distinzione ben più profonda di quella che separa il percorso dalla stasi: il rapporto nasce dal confronto tra popoli nomadi e popoli sedentari, tra contadini e allevatori, e il piano
estetico che viene preso in considerazione non è tanto quello della rappresentazione quanto quello della creazione dello spazio e, quindi, della realizzazione architettonica. Ma se ha senso una distinzione tra spazio pieno e spazio vuoto associati rispettivamente allo stare sedentario e allo spostamento erratico, allora forse la rappresentazione stessa può considerarsi radicata in questa dualità.
Anche volendo limitare il discorso alle dinamiche dei corpi nello spazio, evitando di affrontare il mondo delle rappresentazioni dinamiche, la letteratura indica oggi nuove e più ampi confini che spaziano dal territorio alla moda. La questione non si limita più alla rappresentazione ma coinvolge gli approcci visuali in ambito molto più ampio.

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