La chiesa di S.Gregorio Barbarigo a Roma di G.Vaccaro e la conservazione dell'architettura moderna
La chiesa di S. Gregorio Barbarigo a Roma è realizzata tra il 1971 e il 1972 su disegno di G. Vaccaro, con il progetto strutturale di S. Musmeci e sotto la direzione di I. Breccia Fratadocchi per la Pontificia Opera per la Preservazione della Fede.
Nell’impianto planimetrico del complesso si distingue il volume della chiesa con le superfici esterne e interne modulate dalle sfaccettature verticali dei pannelli prefabbricati in calcestruzzo. Lo spazio sacro è definito dall’intersezione di quattro circonferenze, collegate dal vano longitudinale sull’ingresso che evidenzia l’assialità verso il presbiterio e la zona dell’assemblea che lo circonda. L’area presbiteriale rialzata è coperta dall’orditura circolare di travi reticolari, con controsoffitto, su pilastri metallici a vista e staccata dalle pareti. La luce che filtra dall’asola vetrata e dal lucernario sulla mensa illumina la scena liturgica e crea suggestivi effetti cromatici sulle scanditure delle pannellature in cemento faccia a vista. I significati figurativi, simbolici e religiosi dell’ideazione di Vaccaro sono riconoscibili nella geometria delle superfici murarie che delimitano l’ambiente; nella modalità costruttiva dei paramenti di calcestruzzo e nella luce che li lambisce. S. Gregorio Barbarigo, nel tempo, è stato oggetto di operazioni progettuali i cui esiti sono dovuti alla preparazione culturale e alla sensibilità degli artisti intervenuti; ai rapporti intrapresi con le maestranze e al dialogo instaurato con la committenza. I lavori sui pannelli di calcestruzzo degradati, con l’aggiunta della scossalina sul coronamento (1987-90), sono quelli più rispettosi del costruito novecentesco esistente: le procedure manuali di pulitura e di consolidamento sono state guidate dalla preventiva comprensione dell’organismo architettonico, per non modificare l’originario profilo delle pareti, l’irregolarità della tessitura e il colore del cemento, con un rigoroso controllo in cantiere e rinunciando all’allettante soluzione di stendere un intonaco che avrebbe alterato i caratteri dell’edificio. In base agli stessi criteri lo strato protettivo in copertura è stato eseguito in piombo alla maniera antica, con saldatura in opera per seguire la sagoma delle fronti. Anche il progetto del pavimento interno della chiesa è stato concepito in armonia con la preesistenza (1994): la disposizione e il colore delle lastre di marmo sottolineano l’organizzazione funzionale degli spazi liturgici, il sistema dei percorsi e il cromatismo dell’aula; come, del resto, gli elementi dell’impiantito esterno del sagrato (1995-96). La sistemazione sul muro di fondo del presbiterio, voluta dalla committenza, del dipinto in stile francescano a tempera graffita rossa, arancione e sabbiata (2008), invece, è un atto superfetativo, perché interrompe la continuità della scansione verticale delle pannellature e contrasta con le tenui tonalità della chiesa. L’intervento su un’architettura a cui sono attribuiti dei connotati qualitativi, infatti, presuppone azioni di salvaguardia, non limitando la creatività dell’architetto, ma privilegiando scelte progettuali di pregio nel rispetto dello schema in pianta, della struttura e del linguaggio espressivo. Esemplificativi in questo senso sono l’inserimento dell’organo a sinistra dell’altare (1994-97) e l’erezione del campanile esterno in acciaio, che ripropone in chiave attuale le forme e i materiali previsti da Vaccaro (2004).
L’analisi dei lavori in S. Gregorio Barbarigo pone l’accento sull’importanza di avviare un confronto tra il mondo accademico e gli specialisti del settore dei Beni Culturali e dell’edilizia, per condividere le acquisizioni storico-critiche della ricerca e gli apporti derivanti dalla pratica di cantiere, con il fine di definire prassi operative per affrontare le problematiche della tutela dell’architettura del Novecento, non solo sacra. Dal punto di