La mia ricerca si è progressivamente concentrata su un’analisi di confronto tra bonifica e danno ambientale.
Si tratta di una tematica particolarmente attuale, come dimostra la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 22 ottobre 2019, n. 10 che, nel ritenere applicabile la responsabilità da bonifica anche agli inquinamenti pregressi al decreto Ronchi, ha definitivamente sancito in via pretoria il rapporto tra i due istituti in termini di duplice strumento di tutela a protezione dell’ambiente: riparazione per equivalente, il danno; riparazione in forma specifica, la bonifica. Bonifica e risarcimento del danno ambientale si caratterizzano pertanto come due momenti di cui non è più possibile dare una lettura separata, ponendosi l’uno in stretta continuità e gradazione con l’altro: riparazione primaria, la bonifica; riparazione secondaria, il risarcimento del danno.
Tuttavia, a livello normativo manca un’integrata disciplina organica dei due istituti e non si può non considerare come i singoli e sporadici richiami reciproci siano stati notevolmente ridotti da modifiche o abrogazioni successive, rendendo ancora più complessa l’individuazione di un coordinamento.
L’approccio ad un’analisi congiunta dell’istituto della bonifica e quello del danno ambientale è sembrata richiedere preliminarmente una ricostruzione generale della responsabilità civile. Preliminare si pone anche l’analisi dei principi generali che regolano la responsabilità civile e quelli specifici della responsabilità ambientale, in quanto a livello settoriale i principi della responsabilità ambientale presentano delle peculiarità, in alcuni casi in termini di anticipazione della tutela, in altri in termini di aggravamento o estensione delle responsabilità, ciò che porta a soffermarsi sulle eventuali “tensioni” che possono sorgere a livello sistematico.
Sulla scorta dell’analisi delle singole discipline, risultano emergere talune disarmonie tra le due normative. Già solo dalla collocazione topografica dei due istituti all’interno del Codice dell’Ambiente ci si avvede della distanza che li caratterizza nell’intenzione del primo legislatore: la bonifica, sin dal decreto Ronchi, affiancata ai rifiuti, è disciplinata nella parte IV del Codice; il danno nella parte VI.
A livello normativo, vi sono sporadiche disposizioni che in materia di danno contemplano la bonifica o in materia di bonifica richiamano il danno. Mi riferisco all’articolo 303, lett. i) Codice dell’Ambiente (ora abrogato dalla legge n. 97/2013, così superando le contestazioni di non sufficiente precisione formulate nell’ambito della procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea) che escludeva l’applicazione della disciplina sul danno “alle situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata o sia intervenuta la bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti in materia, salvo che ad esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale”. Altra norma di richiamo è l’articolo 252-bis del Codice che con esclusivo riguardo ai siti per la riconversione industriale prevede che l’attuazione degli impegni di messa in sicurezza, bonifica, monitoraggio, controllo e la relativa gestione escluda ogni altro obbligo di riparazione ambientale. V’è infine l’articolo 317 del Codice che permette di destinare le somme derivanti dalla riscossione dei crediti per il risarcimento a favore di misure di prevenzione e riparazione, ivi inclusa la bonifica.
Da tale disorganico quadro normativo discendono dei momenti di criticità applicativa, tra cui a titolo esemplificativo si segnalano le seguenti. Quanto all’ambito applicativo, la nozione di danno ambientale riceve due definizioni diverse nell’articolo 300 e nell’articolo 240 del Codice, dove la prima pare più ampia in quanto non si fa alcun riferimento ai limiti tabellari. Non coincide neppure l’oggetto della tutela, in quanto oggetto di bonifica possono essere solo suolo e acqua, comportando che in altri casi l’unica tutela sia quella per equivalente. Inoltre, non realizzandosi con la bonifica l’integrale ripristino, la sua attuazione non esclude che la p.a. possa intentare, successivamente ad essa, un’azione per il risarcimento del danno ambientale, con tutte le prevedibili conseguenze di disincentivo per gli operatori ad addossarsi i costi della bonifica ove potranno essere poi esposti ad un’azione per il risarcimento del danno.
In una prospettiva de iure condendo, sembrano profilarsi due strade: l’una più organica, permetterebbe di spostare la disciplina della bonifica nella parte VI del Codice, così integrandola con la disciplina del danno; oppure potrebbero essere prospettati singoli interventi di raccordo che però consentano un effettivo coordinamento, come per esempio prevedere un collegamento tra i vari livelli di riparazione ambientale tramite bonifica con la residuale riparazione tramite risarcimento del danno: con la riparazione totale, dovrebbe essere escluso il danno; con la riparazione quasi totale, il danno dovrebbe essere limitato al minimo; con la riparazione minima o intermedia, residuerebbe la possibilità di richiedere danni ulteriori.
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