Marina Cvetaeva, Il Campo dei cigni, Roma, Nottetempo, 2017
recensione alla prima traduzione italiana integrale del Campo dei cigni di Marina Cvetaeva
recensione alla prima traduzione italiana integrale del Campo dei cigni di Marina Cvetaeva
Recensione al volume che presenta la prima traduzione italiana integrale della raccolta di poesie di Boris Pasternak Na rannich poezdach, uscita nel 1943.
Lettura critica di un romanzo russo contemporaneo nella sua prima traduzione comparsa in Italia.
L’articolo esplora le connessioni tra l’opera poetica di Gennadij Ajgi e la poesia e il pensiero di Kazimir Malevič, ponendo il focus sul concetto di ‘artista’ e sulle sue interpretazioni. Un’analisi dei testi mette in evidenza una stretta correlazione tra l’arte e la conoscenza dell’universo, funzione complementare all’osservazione scientifica.
Ajgi, nato nel 1934 in Ciuvascia, viene riconosciuto all'estero molto prima che in URSS mentre, della sua produzione poetica, la più tradotta e la più nota è quella appartenente al 'secondo' periodo, ovvero quello russo. Proprio quei testi – nello stile, nelle immagini - vengono spesso interpretati alla luce dell'appartenenza etnica e culturale e della biografia personale di Agi.
Il volume rappresenta la prima pubblicazione in lingua italiana della poesia di Anatoly Kudryavitsky (Anatolij Kudrjavickij) e raccoglie testi provenienti da diverse raccolte pubblicate negli ultimi anni in lingua inglese, tradotti in italiano da Anna Belozorovitch e Maria Grazia Calandrone.
Il contributo delinea la voce poetica di Anatoly Kudryavistky, poeta surrealista russo e irlandese. Oltre alla nota biografica, si approfondiscono le tematiche della scrittura bilingue, le origini del surrealismo russo e le influenze, non soltanto di lingua russa, del poeta nella sua scrittura in russo e in inglese.
L’articolo esplora la simbologia del colore bianco nella poetica di Gennadij Ajgi in riferimento alla ricerca artistica dell’avanguardia russa, in particolare all’opera, figurativa e teorica, di Kazimir Malevič. Riprendendo l’importanza della simbologia del colore nel contesto dell’icona russa, raccolta ed estesa dagli avanguardisti, i testi poetici di Ajgi svelano di volta in volta il colore bianco come protagonista del paesaggio poetico, ora come simbolo del dolore e della morte, ora come testimonianza della presenza divina e di una coscienza umana raffinata.
L’articolo pone al centro la produzione poetica di Gennadij Ajgi e le sue connessioni con il pensiero e l’opera di Kazimir Malevič sul piano dell’uso del e riflessione sul suono e silenzio, quest’ultimo concetto centrale per un poeta che spesso si definì e fu definito ‘poeta del silenzio’. Prendendo in considerazione le condizioni specifiche dello sviluppo della scrittura di Ajgi tra gli anni 1950 e 1960 in Unione Sovietica e lo sguardo rivolto alle avanguardie da lui e dai suoi contemporanei, affiorano differenze e analogie.
© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma