Ajgi e Malevič: silenzi e grida
L’articolo pone al centro la produzione poetica di Gennadij Ajgi e le sue connessioni con il pensiero e l’opera di Kazimir Malevič sul piano dell’uso del e riflessione sul suono e silenzio, quest’ultimo concetto centrale per un poeta che spesso si definì e fu definito ‘poeta del silenzio’. Prendendo in considerazione le condizioni specifiche dello sviluppo della scrittura di Ajgi tra gli anni 1950 e 1960 in Unione Sovietica e lo sguardo rivolto alle avanguardie da lui e dai suoi contemporanei, affiorano differenze e analogie. Mentre il ‘silenzio’ forzato di un poeta che operava nella clandestinità si contrappone ai toni ‘accesi’ delle voci avanguardiste, slanciate verso il tempo futuro, esso è invece similmente riconosciuto, in Ajgi e in Malevič, come spazio dinamico dell’opera artistica. La sua presenza è evidente nella poesia di Ajgi tanto nei frequenti richiami e descrizioni di paesaggi, fisici e mentali, quanto nell’uso del foglio bianco sul quale, graficamente, il testo poetico si dispone. La sua controparte è rappresentata dal suono ‘a’ e dal valore del suono vocale in genere, come ritorno a un linguaggio primordiale e ricerca della purezza. L’articolo è accompagnato dalla traduzione di quattro testi poetici, composti tra il 1960 e il 1972, nei quali il silenzio emerge come elemento centrale.