Bruno Zevi e l’America Latina in Cronache di Architettura
Come un diario, nel quale attraverso una narrazione libera si annota la propria storia, riportando la propria lettura degli eventi e le proprie impressioni, così le Cronache di Bruno Zevi ci restituiscono il racconto dell’architettura di un’epoca secondo il punto di vista dell’autore. Questa personalissima e puntuale registrazione si protrae ininterrotta per quasi mezzo secolo, a partire dal 1954, quando su “Cronache della politica e del costume”, e dall’anno successivo sull’“Espresso”, Zevi inizia a tenere una rubrica settimanale con la quale, trattandola al pari di altre arti, avvicina l’architettura all’opinione pubblica.
Una consistente raccolta di questo diario-documentario che si allarga all’urbanistica, al restauro, alle mostre, ai concorsi, e alla politica urbana, viene pubblicata per la prima volta insieme nel 1971 col titolo Cronache di Architettura.
I numerosi volumi sono intrisi di quella critica militante che tanto ha caratterizzato l’approccio di Zevi all’architettura, quale fenomeno culturale da leggere e comprendere, da approvare, contestare, denunciare.
Il suo attento spirito critico travalica più volte l’Oceano per raggiungere l’America Latina: lì si sofferma sul panorama offerto, tanto sulle architetture più significative e di richiamo internazionale, quanto su quelle minori, alcune ancora oggi poco note.
Il viaggio sfiora Paraguay, Perù, Colombia, per spingersi in Paesi quali Messico, Venezuela, Argentina e Brasile; lo stile tagliente e incisivo di Zevi offre riflessioni sulla città, in particolare su Brasília, e naturalmente su singole opere, da quelle di Luis Barragán a quelle di Carlos Raúl Villanueva o di Oscar Niemeyer.
Questo sguardo, allora innovatore e ancora stimolante, merita oggi una rilettura: si intende così riflettere sul contesto architettonico che ha contraddistinto la seconda metà del Novecento in America Latina e su come questo contesto sia stato raccontato e rappresentato in Italia, attraverso gli scritti di uno dei maggiori storici dell’architettura, che, anche quando non condivise alcuni percorsi o criticò alcune opere, seppe sempre cogliere in esse la novità del tempo.