Didattica e professione: Note dalla Scuola di Architettura di Roma guardando al futuro

02 Pubblicazione su volume
Del Monaco A.

Nel 1999, in occasione dello sdoppiamento della facoltà di Sapienza (Facoltà Ludovico Quaroni e Facoltà Valle Giulia)1, Giorgio Muratore “senza voler aggiunger altri programmi [... ma per un] richiamo alla realtà delle cose e alla loro storia” ha ristampato “i verbali polilogati di alcune delle sedute tenute nel 1920 dai docenti fondatori della facoltà di architettura raccolti nel 1929 in un pamphlet – forse poco noto – di Gustavo Giovannoni dal titolo Discussioni didattiche, “aventi particolarmente per argomento lo studio della composizione architettonica”. Il dibattito, per certi versi attualissimo, condotto tra i fondatori della prima facoltà di architettura d’Italia sembrava definire due significative posizioni: i sostenitori della formazione trasmessa “per stili” vs i sostenitori di un insegnamento basato sulla sperimentazione “del nuovo”; e, ancora, il metodo del maestro dominante vs la libertà di un metodo di tipo socratico.2
Se fra le due guerre le questioni principali – semplificando – si dibattevano nelle pieghe di questo tipo di argomentazioni, nella facoltà di Architettura di Roma del secondo dopoguerra emersero due principali diversi modi di fare la didattica dell’architettura – cioè di attuare il trasferimento di conoscenze per insegnare il mestiere dell’architetto – che tutt’ora in parte esistono e/o coesistono, non soltanto nella facoltà romana.
Dunque, quali sono le questioni da considerare oggi, riflettendo sull’insegnamento della progettazione architettonica e, più in generale, sulla formazione dell’architetto contemporaneo e del futuro della disciplina architettonica9 in una temperie culturale, politica ed economica che sta condizionando profondamente la trasformazione della conoscenza, delle professioni e delle classi lavorative?

© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma