Ecologia ed estetica tra romanticismo e azione
La frattura della modernità tra natura e cultura è tema noto e fin
troppo abusato. Lo scudo della cultura è stato, di norma, utilizzato per
segnare il territorio propriamente umano, per definire l'uomo come
un essere a parte rispetto al restante mondo animale e in generale
alla natura. Presupposto di questa operazione di perimetrazione
dell'umanità è stata la tesi della coincidenza esclusiva tra umanità e
cultura. Oggi possiamo affermare a buon diritto che cultura e natura
sono entrambe costrutti culturali.
Mi spaventa un po’ la tesi di Bruno Latour che indica la via della
“disinvenzione della modernità“8, sulla base della quale ricomporre
domini divenuti (teoricamente) autonomi, dotati di un'esistenza
propria. Temo derive regressiste. Del suo progetto mi sembra più
interessante la proposta di sostituire l’idea di natura da assumere in
sé e non contestabile, con quella di mondo che invece può essere
messa in discussione. Ma attenzione, il pianeta non è in pericolo
e non negozia: se vi sono minacce sono tutte da riferirsi alla civiltà
umana.
Per valutare le possibilità che abbiamo di ristabilire equilibri tra noi
e il mondo, proverei ad affrontare l’argomento da un’angolatura
differente, prendendo a prestito in maniera imprecisa e strumentale
due concetti cari a Gilles Deleuze. I concatenamenti che sono alla
base delle relazioni naturali di interdipendenza nel mondo animale
e vegetale in relazione alle specie, alla territorialità, al clima, alle
stagioni. I comportamenti che rappresentano le modalità di agire e
reagire di un soggetto o di un gruppo in relazione con altri oggetti e
organismi rispetto al contesto ambientale.