L’ascolto del minore testimone o vittima di reato nel procedimento penale. Il difficile bilanciamento tra esigenze di acquisizione della prova e garanzie di tutela della giovane età
Il termine “ascolto” non compare nel codice di rito penale e, tuttavia, allorquando si allude a questa particolare attività e la si colloca all’interno del procedimento stesso, si è soliti attribuirle un diverso nomen iuris a seconda del soggetto dichiarante e dell’autorità dinanzi alla quale vengano rese le dichiarazioni, della finalità dell’atto e del momento processuale considerato.
La predetta scelta lessicale, in luogo di quella, tecnicamente più corretta, di “testimonianza” o anche di “sommarie informazioni testimoniali” o “assunzione di informazioni” pare, nel caso concreto, più opportuna, poiché l’audizione di un minore – testimone o persona offesa di un determinato fatto di reato – non si esaurisce nella componente fisica derivante dal “sentire con l’orecchio” quanto da altri riferito, ma ricomprende quella più propriamente psicologica – tipica dell’“ascolto” in quanto tale – dell’apprendimento con i cinque sensi