Industria 4.0. Tra suggestioni emergenti e soluzioni effettive
A cavallo tra il XVIII° e il XIX° secolo, la prima rivoluzione industriale fu caratterizzata dall’introduzione di impianti di produzione azionati dall’acqua e dal vapore; la seconda rivoluzione industriale, avvenuta nel passaggio dal XIX° al XX° secolo, segnò l’avvento della produzione di massa, delle reti elettriche e della liofilizzazione dei processi lavorativi; tra gli anni ’60 e gli anni ’90 dello scorso secolo, la terza rivoluzione industriale provocò un’ulteriore discontinuità dovuta alla diffusione su vasta scala dell’elettronica e delle tecnologie di informazione e comunicazione (ICT). La storia ha poi rispettivamente definito tali rivoluzioni come Industria 1.0, Industria 2.0 e Industria 3.0. Oggi, la maggior parte degli economisti concorda sull’approssimarsi di una nuova rivoluzione industriale: la quarta, o Industria 4.0.
L’espressione “Industria 4.0” appare per la prima volta nel 2011 durante la Fiera di Hannover, nell’ambito di un progetto volto a promuovere lo sviluppo strategico dell’high-tech tedesco. L’anno successivo viene creato un gruppo di lavoro Industrie 4.0 che, nell’aprile 2013, redige e presenta alla fiera di Hannover un rapporto dettagliato sul tema. Tale rapporto definisce Industria 4.0 il paradigma produttivo caratterizzato dalla forte personalizzazione dei prodotti e da ecosistemi self-organizing (self-configurating, self-monitoring e self-healing) concepiti per garantire uno stretto collegamento tra il mondo reale (lavoratori, macchine, materie prime tangibili etc.) e i mondi virtuali, tra gli atomi e i bit. Il termine viene definitivamente adottato nel corso del World Economic Forum (WEF) Annual Meeting 2015 tenutosi nel gennaio 2015 a Davos (Svizzera).
La principale novità di tale rivoluzione è l’intensivo impiego di sistemi cyber-fisici, ovvero sistemi centrati sul collegamento di oggetti reali e persone con elaborazioni virtuali attraverso reti di informazione (Internet of Things, Big Data, Industrial Internet of Things, stampa 3D, intelligenza artificiale, bioingegneria, cloud computing) nonché sull’uso di nanotecnologie e materiali nuovi, efficienti ed intelligenti (key innovative technologies). Tali tecnologie consentono nuove soluzioni organizzative flessibili e interattive nei processi produttivi, grazie ad una robotica interconnessa che auto-apprende in un rapporto sempre più simbiotico con l’uomo. Un passaggio da robot passivi esecutori di compiti ripetitivi a sistemi automatizzati che recepiscono (learning) esperienza e conoscenze dell’operatore, pervenendo ad un vero e proprio interscambio di intelligenza (intelligenza aumentata). Interattività avanzata, capacità decisionali e possibilità di autoapprendimento consentiranno alle macchine di adattarsi immediatamente alle “variazioni ambientali”, permettendo lo svolgimento di compiti estremamente complessi anche in settori industriali non convenzionali. Ciò darà luogo alla co-creazione di un linguaggio nuovo, emergente dall’intensa interazione e dall’interscambio tra uomo e macchina: un fenomeno non più esclusivamente riferibile ai due mondi singolarmente considerati, ma un nuovo paradigma, un risultato non lineare difficilmente predicibile.
Connotato da un’elevata varietà e variabilità di conoscenze e tecnologie, dunque, il paesaggio 4.0 sempre più insistentemente richiede la definizione di un linguaggio comune e il ricorso al pensiero sistemico vitale. Nonostante il significativo interesse intorno al fenomeno, costituisce tuttora una sfida prevederne le ricadute su persone, imprese e istituzioni. Né è facile prevedere quando tali ricadute si verificheranno. Milioni di posti di lavoro vaporizzati a ritmo mai visto, mentre altri, basati su competenze del tutto nuove, emergono; numerosissime aziende valutate miliardi di dollari (le cd. aziende unicorno) e condotte da un ristretto gruppo di professionisti altamente qualificati si aff