Spazi ricreati. Il dispatrio come memoria letteraria anamorfica in Luigi Meneghello
Spazio, pensiero e scrittura si coniugano in Luigi Meneghello in modo originale e insolito sia rispetto al canone degli autori della letteratura nazionale che alla galassia di scrittori e scrittrici italiani emigrati all’estero nel corso del Novecento. A questa “singolarità” consapevole, l’autore, di formazione filosofica, ha attribuito com’è noto il nome di “dispatrio”. Il dispatrio infatti non coincide con il momento del distacco dalla patria, ma è la traduzione/trasfigurazione letteraria e teorica del permanere in una dimensione mobile di confronto e di contatto tra poli culturali, linguistici e geografici diversi. L’esteriorità in cui vanno a coesistere e a confliggere le tre appartenenze culturali e linguistiche di Me- neghello (patria locale, patria-nazione e nuova appartenenza inglese) è paradossalmente una interiorità, quella della memoria. La memoria genera una nuova cartografia che cer- ca di avvicinare i luoghi delle diverse esperienze di appartenenza vissute dallo scrittore e di metterle in una relazione produttiva, anche se “anamorfica”, cioè deformante, una relazione quindi in cui quei nuclei di realtà apparentemente incomunicabili possano trasfigurarsi nello spazio della scrittura che concilia materiali autobiografici, riflessioni teoriche ed elaborazione letteraria.