Il progetto è volto ad analizzare le disuguaglianze di salute mettendole in relazione con la forma di stato e con l'assetto regionale.
Un modello regionale, ormai di tipo competitivo e non più collaborativo, è causa di sempre maggiori disparità in ambito territoriale che si tramutano anche in un diseguale accesso ed effettività del diritto alla salute.
LA differenziazione territoriale tipica dei sistemi regionali o federali avrebbe lo scopo si trattare in modo diverso situazioni geograficamente diverse; invece, il regionalismo italiano partendo da acute differenziazioni socio economiche, si è spesso tradotto in strumento di disparità in materia di tutela dei diritti, che si sommano e acuiscono quelle già esistenti, senza riuscire a svolgere il compito di rimozione degli ostacoli all'eguaglianza come prevede l'art. 3 comma 2 Cost.
Sulle disuguaglianze di salute, la recente pandemia ha dato l'occasione per studiare, anche sotto il profilo del diritto costituzionale, un tema che non è stato invece molto frequentato, ossia l'impatto dei modelli di organizzazione sanitaria sulle disuguaglianze (S. Caroppo, G. Turati, I sistemi sanitari regionali in Italia, Milano, 2007). Le Regioni che hanno adottato modelli organizzativi diversi hanno risposto in modo differente a sollecitazioni analoghe in questi ultimi mesi.
Lo studio analitico delle disuguaglianze già esistenti per le fasce più deboli (donne, immigrati, poveri) dovrebbe aiutare a far emergere possibili soluzioni volte a riequilibrare il sistema.
Quindi il progetto si soffermerà su vari profili:
1) l'impatto della crisi sulle disuguaglianze;
2) l'impatto delle organizzazione sanitaria sulle disuguaglianze;
3) la regionalizzazione e l'impatto di questa sulle disuguaglianze di genere e sulle fasce più deboli: si pensi all'erogazione di servizi come l'aborto, gli screening oncologici nelle regioni più povere, quali quelle del sud Italia.