Il progetto intende indagare le varie declinazioni e modalità dell'incompiutezza nel mondo antico greco e romano: quando fu considerata compiuta un'architettura, un'opera figurativa o uno scritto? Quali sono stati i fattori alla base del suo stato di incompletezza? Esistono nel mondo antico monumenti lasciati intenzionalmente in sospeso e non per l'incidenza di fattori accidentali? Si riesce a ricostruire la reazione dei fruitori davanti alle opere non concluse? Le opere incompiute furono comunque apprezzate o in che modo furono impiegate? La tematica in generale è stata poco indagata e comunque mai in modo trasversale nelle discipline di antichistica; diverso invece il caso della storia dell'arte in età moderna, sotto l'influenza soprattutto del non finito nel Rinascimento (Michelangelo, Leonardo). Nella Storia naturale di Plinio il Vecchio sono pochi gli accenni alle opere incomplete. In un brano dall'ampia ricezione moderna, l'autore sottolinea come sia un fatto degno di memoria che le ultime opere di certi artisti e i quadri lasciati incompiuti (inperfectae tabulae), come l'Iris di Aristide, i Tindaridi di Nicomaco, la Medea di Timomaco e la Venere di Apelle, suscitino più ammirazione che se fossero finiti, sia perché vi si possono scorgere i liniamenta reliqua e cogliere le cogitationes degli artefici sia perché il rammarico per la mano estintasi in piena attività seduce e alimenta l'ammirazione. Non si dispone di un brano su famosi edifici incompiuti eventualmente ancora più ammirati che se fossero stati finiti e in grado di stimolare la comprensione delle fasi di ideazione/progetto e di gestione dei processi costruttivi. Il periegeta Eraclide Critico nella prima metà del III sec. a.C. a proposito di un cantiere di lunghissima durata, il tempio di Zeus Olimpio ad Atene, nota: l'edificio semifinito (hemiteles) fa impressione solo grazie alla pianta (hypographe, equivalente di lineamentum), ma solo se ultimato sarebbe diventato eccellente.